Roberto Calderoli deve affrontare il processo per diffamazione nei confronti dell’ex ministro Cecile Kyenge. Lo ha deciso l’aula del Senato, dopo aver detto no alla richiesta del capogruppo dello stesso Pd, Luigi Zanda, di rinviare l’esame dell’autorizzazione a procedere. Respinta, invece, con 196 no, 45 sì e 12 astensioni la richiesta per quanto riguarda l’accusa di istigazione all’odio razziale. Il via libera al procedimento per diffamazione contro l’esponente leghista è arrivato con 126 sì, 116 no e 10 astenuti, una maggioranza risicata che conferma quanto controversa sia la questione per i senatori. L’autorizzazione a procedere contro Calderoli a febbraio era già stata oggetto di discussione e voto nella Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari. Allora, però, i senatori votarono contro il processo, sancendo che le parole dell’esponente leghista contro quella che allora era il ministro per l’Integrazione erano state svolte nell’ambito delle sue funzioni parlamentari. Calderoli, nel corso di un comizio della Lega nel luglio del 2013, disse: ‘Smanettando con Internet apro il governo italiano e, cazzo, cosa mi viene fuori? La Kyenge ed io resto secco. Io sono un amante di animali, eh, per l’amore del Cielo. Ho avuto le tigri, gli orsi, le scimmie. Però quando vedo le immagini della Kyenge e quelle sembianze da orango, resto ancora sconvolto’. Parole che avevano suscitato la reazione di tutte le più alte cariche dello Stato, a partire dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. A stretto giro, Calderoli si scusò con l’allora ministro inviandole anche dei fiori. La Kyenge disse di aver umanamente superato la faccenda, però, ne fece una questione di principio sostenendo che ‘le offese andavano oltre la mia sensibilità e colpivano l’intera comunità italiana’. Quindi, processo e conseguente richiesta di autorizzazione a procedere al Senato. A Palazzo Madama, però, in molti, a partire proprio dai colleghi di partito della Kyenge, difesero ‘l’insindacabile’ diritto del parlamentare Calderoli di esprimere la sua opinione, per altro dai più considerata satirica, con uno strascico di polemiche e grida di scandalo che è facile immaginare. Peraltro si segnalò, in quell’occasione, una difesa d’ufficio della senatrice Serenella Fucksia (M5s), poi subito ritrattata, che spiegò che tutti assomigliano a un animale. Per esempio, aggiunse, l’ex M5s Adele Gambaro somiglia ‘a una mucca’ o Nicola Morra che le ricordava ‘un camaleonte’. La Fucksia, componente della Giunta per le immunità, aveva votato contro l’autorizzazione a procedere per Calderoli. Dare dell’orango a una persona di colore non merita un processo ma chi riceve l’epiteto ha il diritto di rivalersi. Una decisione che ora potrebbe finire davanti alla Corte europea dei diritti dell’uomo, dove annuncia che la porterà la Kyenge: ‘Il mio perdono a Calderoli l’ho dato, ma non si tratta più di un fatto personale. Ora è una questione di principio perché il messaggio che arriva dalle istituzioni ai nostri ragazzi e giovani è devastante’.
Cocis