Prende le mosse dal dibattito di queste settimane nel quale “ha ritrovato spazio il tema del ruolo del Parlamento” insieme ai dati sull’attivita’ della Camera e spiega di ritenere “doveroso intervenire, consapevole che alcune patologie nei rapporti fra Parlamento e governo non nascono oggi: da qui la scelta di fondare il mio discorso d’insediamento sulla centralita’ del Parlamento”. Dunque, spiega Roberto Fico in una lettera al Sole 24 Ore, “i dati sull’attivita’ della Camera consegnano un quadro di luci e ombre” ma alla base c’e’ una considerazione di fondo, quella per cui e’ “ingenuo vagheggiare una centralita’ perduta se il Parlamento non e’ disposto a riflettere su se stesso, dunque a riformarsi. Perche’ un’assemblea parlamentare deve anticipare, non rincorrere, i processi economici e sociali”.
“L’incidenza delle leggi di conversione sul totale delle leggi approvate e’ pari al 60% contro il 51% registrato nello stesso periodo della scorsa legislatura; minore invece l’incidenza delle leggi d’iniziativa governativa nel loro complesso (80% vs 87%)”, spiega allora il presidente della Camera. “Il numero di provvedimenti su cui e’ stata posta la questione di fiducia – annota – e’ pressoche’ identico. Minore e’ stato il numero delle sedute. Va considerato pero’ che il governo Conte si e’ formato tre mesi dopo le elezioni. Con tutto cio’ che ne consegue rispetto alla costituzione delle Commissioni, e quindi all’inizio dell’attivita’ ordinaria. In questi mesi, inoltre, il Parlamento ha agito efficacemente come trasformatore e integratore dei provvedimenti di origine governativa. Al 20 dicembre, infatti, rispetto ai provvedimenti divenuti legge sono stati approvati tra Camera e Senato 503 emendamenti, di cui 174 delle opposizioni (99 ai decreti-legge). Cosi’ come le Commissioni hanno esercitato un ruolo significativo nell’esame dei decreti legislativi: in diversi casi il Governo ha recepito integralmente le condizioni contenute nei pareri, avvalorando la tesi della delegazione legislativa come modello di co-legislazione”. “Credo tuttavia – prosegue Fico – che occorra andare oltre i numeri, avviando delle azioni con un orizzonte culturale e strategico di lungo respiro. A ottobre ho introdotto in via sperimentale una nuova distribuzione degli orari dei lavori per valorizzare il ruolo delle Commissioni, cuore pulsante del procedimento legislativo. L’esperimento ha subi’to una naturale sospensione con la sessione di bilancio. Dal 2019 potremo iniziare a valutarne gli effetti, a patto che il Governo – ammonisce – dia seguito all’intenzione di ridurre il numero dei decreti-legge”. “Proseguira’ con lo stesso rigore – assicura Fico – il mio vaglio di ammissibilita’ degli emendamenti, che ho condotto finora senza mai guardare al rilievo politico o a chi fosse il presentatore. La questione e’ solo apparentemente tecnica: ogni volta che in un decreto entrano emendamenti estranei al suo oggetto, il Parlamento viene svilito, la qualita’ dei provvedimenti peggiora, rendendo difficile la vita a operatori del diritto, imprese e cittadini. Non solo, credo sia ingenuo vagheggiare una centralita’ perduta se il Parlamento non e’ disposto a riflettere su se’ stesso, dunque a riformarsi. Perche’ un’assemblea parlamentare deve anticipare, non rincorrere, i processi economici e sociali”.
“A gennaio – anticipa il presidente della Camera – proporro’ alla Giunta per il Regolamento una serie di possibili interventi di riforma che incidono su organizzazione dei lavori, procedure, qualita’ legislativa”. “Voglio ribadire che ho profondamente a cuore il senso di un’assemblea, e per me e’ stata dolorosa la compressione dei tempi di esame della legge di bilancio. Era pero’ necessario – ribadisce – organizzare i lavori della Camera tenendo conto dello scarso tempo disponibile e dell’obiettivo primario di non pervenire all’esercizio provvisorio, che avrebbe prodotto serie conseguenze sul sistema economico. La manovra ha tempi stabiliti ed e’ scandita in ogni sua fase dalla dialettica tra Governo e istituzioni europee. E’ un problema democratico, che riguarda tutti i parlamenti nazionali dell’Ue. Siamo dentro una cornice di vincoli e scadenze, e dentro questa dobbiamo trovare un equilibrio”. “Se il Parlamento deve fare la sua parte, anche il Governo deve fare altrettanto, con l’obiettivo congiunto di una maggiore concertazione e programmazione normativa. Anche questo – conclude – rientra nel percorso culturale di cui parlavo: la centralita’ del Parlamento non resti una dichiarazione astratta ma un faro che ci indica la strada da seguire”.