Nell'infografica realizzata da Centimetri il "Rosatellum bis" approvato dalla commissione Affari costituzionali della Camera e che martedì prossimo approderà nell'Aula di Montecitorio. ANSA/CENTIMETRI

Camera, inizia l’iter del Rosatellum

Una mattina di trattative precederanno l’inizio delle votazioni sul Rosatellum 2.0 previsto nel pomeriggio alle 15 nell’Aula della Camera, dove è stato presentato un numero ridotto di emendamenti per una legge di tale portata: circa 200. Ma non è il numero a preoccupare la coalizione che sostiene questa legge, bensì i circa 50 voti segreti che potrebbero essere chiesti da chi vi si oppone.

Una incognita a cui Pd, Fi, Ap e Lega si apprestano a rispondere con la tecnica parlamentare del ‘canguro’, che farebbe decadere quasi tutti gli emendamenti a voto segreto. Pronti però a rinunciare a tale modalità se gli oppositori rinunceranno a loro volta a chiedere lo scrutinio segreto.

Non è nuovo il ‘canguro’ alle Aule parlamentari italiane, ma è al centro della scena in Senato da quando ha fatto decadere ben 1400 emendamenti alla riforma costituzionale.

Il meccanismo del ‘canguro’ non è mai stato previsto dal regolamento del Senato. Ma la giunta per il regolamento di Palazzo Madama nel 1996 lo aveva preso ‘a prestito’ dal regolamento della Camera. La giunta ha riconfermato la legittimità della sua applicazione anche per le leggi costituzionali, facendo rientrare la tecnica ‘anti-ostruzionismo’ tra i poteri del presidente del Senato previsti dall’articolo 102 comma 4 del regolamento (Il presidente ha facoltà di modificare l’ordine delle votazioni quando lo reputi opportuno ai fini dell’economia o della chiarezza delle votazioni stesse, dispone la norma).

Nel frattempo, però, nel 1997 il regolamento della Camera è stato modificato. E oggi all’articolo 85 bis prevede espressamente che la tecnica di accorpamento delle votazioni non può essere utilizzata per i progetti di legge costituzionale.

Al momento della chiusura dei termini per presentare le proposte di modifica al testo, non sono arrivati emendamenti che incidono sull’impianto da parte di Pd, Fi, Ap e Lega.

Qualche deputato Dem, ha ammesso il capogruppo Ettore Rosato, ha presentato ‘a livello individuale’ proprie proposte, e Fi ne ha depositate due che però non incidono minimamente sull’impianto: riguardano infatti le modalità di voto degli italiani all’estero.

In linea teorica, quindi, i quattro partiti, a cui si aggiungono Svp, Des-Cd, Ci, Ala-Sc e Direzione Italia che sostengono il testo, non avrebbero problemi di numeri: i si potenziali sono 444 su 630.

Tuttavia il regolamento della Camera prevede che sui meccanismi che traducono i voti in seggi, si possa chiedere il voto segreto: bastano 20 deputati e Alfredo D’Attorre ha già detto che Mdp li chiederà.

Non lo farà M5s che in passato ha sempre criticato lo scrutinio segreto. La loro speranza è che in questo modo, specie tra i 283 deputati del Pd e i 58 di Fi, vi siano abbastanza defezioni da far saltare il banco, magari su un solo emendamento che rompa l’impianto del Rosatellum 2.0.

Questa legge elettorale, rispetto al proporzionale dell’Italicum, ha 231 collegi uninominali (il 36% dei seggi totali della Camera) che nelle regioni del Nord farebbe perdere dei seggi al Pd, mentre al Sud li farebbe perdere a Fi, che nel Mezzogiorno non può contare sui voti della Lega. La speranza di M5s, Mdp, Si e Fdi è che i singoli deputati Dem e “Azzurri” votino in segreto contro le indicazioni del gruppo puntando a mantenere l’attuale legge, appunto l’Italicum.

In queste ore i capigruppo di Pd, Rosato e di Fi, Renato Brunetta, hanno catechizzato i propri deputati sui rischi di un nuovo flop, dopo quello di giugno. Si ostenta sicurezza, ma visto che fidarsi è bene ma non fidarsi è meglio, ecco la contromossa: un emendamento premissivo, inserito al primo articolo, che indica i principi della legge stessa e che quindi,  una volta approvato,  farebbe decadere quelli pericolosi con voto segreto, il cosiddetto ‘canguro’.

Un meccanismo che D’Attorre ha definito una forzatura, chiedendo alla presidente Laura Boldrini di evitarla. Sta infatti al Presidente ammettere gli emendamenti dubbi interpretando il Regolamento, anche se questo meccanismo è stato già usato a Montecitorio (nel 1991 per la prima volta) e in questa legislatura due volte al Senato, tra cui il 21 gennaio con l’Italicum, seduta nella quale anche i bersaniani presentarono due emendamenti del genere. Ma nella maggioranza che sostiene la legge si è pronti a rinunciare al ‘canguro’, se SI, Mdp e M5s rinunceranno a chiedere il voto segreto.

Una trattativa che verrà molto probabilmente solo poco prima dell’inizio del voto. Come spesso succede la guerra sulle procedure occulterà il confronto sul merito del Rosatellum 2.0, motivo per il quale il presidente della Commissione Affari Costituzionali, Andrea Mazziotti, lo ha definito ‘assurdo’. I giudizi su questa legge non sono destinati comunque a mutare: Massimo D’Alema lo definisce ignobile; M5s, con Nicola Morra, parla di legge anti-democratica e incostituzionale e Giorgia Meloni ribadisce il ‘niet’ di Fdi. Di contro Matteo Richetti (Pd), sottolinea il ritorno dei collegi uninominali che riavvicina elettori ed eletti, mentre Brunetta si dichiara ottimista: a novembre potremmo avere la legge con il sì anche del Senato.

Per il democratico Rosato, intervenuto in diretta sul sito del Pd per ‘Ore Nove’, si va in aula con una legge elettorale che favorisce le coalizioni e consente un confronto tra coalizioni, tra progetti politici alternativi: da una parte avremo il centrodestra (con la Lega, Meloni, Forza Italia), dall’altra parte avremo il M5S e poi ci siamo noi: un centrosinistra ampio, il più ampio possibile, che guardi ad una prospettiva di governo.

Cinque i punti essenziali della legge elettorale che sarà sottoposta al giudizio dei deputati: la scheda unica (nella quale il nome del candidato nel collegio è affiancato dai simboli dei partiti che lo sostengono); i collegi (con il 36% dei seggi assegnato con un sistema maggioritario basato su collegi uninominali, e il 64% assegnato con criteri proporzionali); la soglia di sbarramento (al 3% per le singole liste e al 10% per le coalizioni a livello nazionale sia alla Camera che al Senato); le pluricandidature, che salgono a 5; le firme da raccogliere per la candidatura (circa 750, dimezzate rispetto al testo originario della legge).

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