In concorso il film sulla vita di William Turner, il pittore romantico che aprì la strada all’impressionismo francese. Pittore romantico che appariva poco adatto sulla carta: nessuna bizzarria o stranezza in lui, a meno che non si voglia considerare tale l’aver abbandonato moglie e figlie per dedicarsi interamente all’arte. Turner è invece un avvincente quadro d’epoca perché si è al tramonto dell’era georgiana e al debutto di quella vittoriana. Pittura, letteratura ed architettura fanno uscire l’Inghilterra da un letargo prolungatosi nel tempo. Per l’occasione il regista Mike Leigh ha fatto ricorso a Timothy Spall che da splendido caratterista si trasforma in catalizzatore di tutte le energie. Paesaggista, attratto dalla rappresentazione della luce e dalla forza dei colori, è il cantore della natura vista nella sua bellezza e lato terribile, visto che per provare l’emozione di una tempesta si fa legare all’albero di una nave. Il Turner di Leigh/Spall sbuffa e grugna come un tacchino, non è affatto simpatico, spesso offensivo, sprezzante con i colleghi, sfrutta la disponibilità di un padre devoto e la dedizione di una serva di cui all’occorrenza non disdegna l’amplesso. E’ insomma trattato in maniera irriverente e ironica; abbastanza da farlo amare da un pubblico che altrimenti finirebbe per risentire di una lunghezza eccessiva del racconto.
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