La strana crisi che sta investendo il Venezuela fa esplodere uno scontro ‘diplomatico’ tra Russia e Stati Uniti che riporta indietro le lancette della storia alla ‘guerra fredda’. La crisi nel Paese latinoamericano ha innescato un vero e proprio braccio di ferro tra Washington e Mosca, con accuse reciproche, minacce e toni da Guerra Fredda. Il ministro degli Esteri russo Lavrov: “L’intervento americano viola il diritto internazionale”. Per Mosca Washington non deve immischiarsi negli affari interni del Venezuela. Per gli Usa la Russia vuole destabilizzare il Venezuela.
Dopo la chiamata alle armi di Guidò contro il presidente Maduro, che parla di un ‘golpe fallito’, c’è stata una burrascosa telefonata tra Lavrov e Pompeo. Il ministro degli Esteri della Russia ha rinfacciato al collega americano Mike Pompeo di non aver escluso un’azione militare Usa nel Paese. “E’ possibile”, aveva detto Pompeo in mattinata parlando di un’azione di forza da parte di Washington. “Se necessario, è quello che faranno gli Stati Uniti” per restaurare la democrazia, “anche se preferiremmo una transizione pacifica del potere”, aveva spiegato il capo della diplomazia Usa in un’intervista tv. “E’ una violazione flagrante del diritto internazionale che non ha nulla a che fare con la democrazia”, ha urlato al telefono Lavrov. Insomma l’amministrazione deve stare lontana dalle faccende di Caracas altrimenti ci saranno ‘gravi conseguenze’.
Dura la replica di Pompeo, che ha accusato la Russia (e Cuba) di voler “destabilizzare” il Venezuela, mettendo così a rischio le relazioni bilaterali tra Washington e Mosca. Il capo del Dipartimento di Stato ha insistito perché la Russia cessi immediatamente le attività di sostegno a Maduro. Mentre a mettere in guardia Cuba ci ha pensato direttamente Donald Trump: “Se le truppe e le milizie cubane non cesseranno immediatamente le operazioni militari e di altro genere allo scopo di causare la morte e la distruzione della Costituzione venezuelana, imporremo un embargo totale sull’isola insieme a più sanzioni”, ha tuonato il presidente in un tweet.
Intanto nel Paese sono in programma nuove manifestazioni di piazza per disarcionare il regime: il presidente ad interim Juan Guaidò, ha annunciato che da oggi inizierà un programma di scioperi scaglionati nell’amministrazione pubblica, fino a far sì che tutti i settori si uniscano in uno sciopero generale. “Resteremo nelle strade fino ad ottenere la fine dell’usurpazione di Maduro, un governo di transizione e libere elezioni”, ha assicurato Guaidò.
Gli scontri continuano e gli agenti della Guardia nazionale bolivariana hanno utilizzato gas lacrimogeni e sfollagente per disperdere centinaia di oppositori. E mentre i militari, almeno per ora, non hanno dato segnali di sostegno alla rivolta, l’altro leader dell’opposizione venezuelana, Leopoldo López, ha lasciato l’ambasciata del Cile dove si era rifugiato martedì trasferendosi in quella spagnola assieme alla sua famiglia.
Una donna di 27 anni è rimasta uccisa ieri durante le proteste riprese in Venezuela contro il governo di Nicolas Maduro. Lo rende noto l’Observatorio Venezolano de la Conflictividad Social su Twitter, condannando “l’assasinio di Jurubith Rausseo García colpita da una pallottola mentre partecipava a una manifestazione ad Altamira”. Anche Juan Gauidò ha condannato l’uccisione della manifestante ad opera delle persone “che hanno deciso di sparare contro un popolo che ha deciso di liberarsi”. Si tratta della seconda persona uccisa dagli scontri violenti di martedì quando Guaidò ha lanciato quella che ha definito la mobilitazione finale per la libertà.