Braccianti costretti a lavorare per pochi euro dalla mattina alla sera nelle campagne della Capitanata, nel Foggiano. Per questa accusa 16 persone sono indagate a Foggia: 2 di loro sono finiti in carcere, 3 agli arresti domiciliari mentre per 11 è scattata la misura dell’obbligo di dimora e di presentazione alla polizia giudiziaria. L’indagine ribattezzata “Sotto Padrone”, condotta dai carabinieri di Manfredonia e diretta dalla procura di Foggia, vede sotto accusa anche la moglie del prefetto Michele di Bari, capo dipartimento per le Libertà civili e immigrazione del Viminale, che ha rassegnato le dimissioni dal suo incarico.
I reati contestati a vario titolo sono intermediazione illecita e lo sfruttamento di lavoro. Secondo la ricostruzione degli investigatori dell’Arma, i braccianti vivevano all’interno dell'”ex pista” di Borgo Mezzanone in “pessime condizioni igienico sanitarie” e percepivano 5 euro per ogni cassone di pomodori riempito. Per andare al lavoro venivano trasportati sui campi con mezzi inidonei, “in pessime condizioni d’uso, pericolosi per la circolazione stradale e per la incolumità degli stessi lavoratori”. Durante le indagini i militari hanno individuato e identificato un 33enne gambiano che svolgeva la funzione di caporale: mentre gli altri braccianti erano intenti al lavoro, lui si avvicinava a dei cassoni pieni di pomodori e annotava qualcosa su un quaderno. Poi, alla vista dei carabinieri, è fuggito facendo perdere le proprie tracce. I successivi approfondimenti e le testimonianze dei lavoratori hanno portato gli inquirenti a far luce su un “sistema” di selezione, reclutamento, utilizzo e pagamento della manodopera messo in piedi dai caporali e proprietari delle aziende, indagati per Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro. E’ stato così accertato che il gambiano, grazie anche all’aiuto di 32enne senegalese, era “l’anello di congiunzione” tra i rappresentanti di 10 aziende agricole del territorio e i braccianti. Erano i due extracomunitari a reclutare la manodopera all’interno della baraccopoli, provvedevano al loro trasporto nei campi e li sorvegliavano durante il lavoro. In cambio pretendevano da ogni bracciante 5 euro per il trasporto a altri 5 euro per l’attività di intermediazione. Caporali, titolari e soci delle aziende avevano messo in piedi un sistema “quasi perfetto”, che andava dall’individuazione della forza lavoro necessaria per lavorare nei campi al reclutamento della manodopera, fino al sistema di pagamento, ini totale violazione rispetto alla retribuzione stabilita dal contratto di lavoro nazionale: le buste paga erano infatti falsificate e per i lavoratori non era prevista nessuna visita medica. Oltre alle 16 misure cautelari, il gip di Foggia ha disposto il commissariamento di 10 aziende agricole della zona che ora saranno gestite da un amministratore giudiziario nominato dal Tribunale.