Carta igienica

Riceviamo, e volentieri pubblichiamo, da James Hansen il seguente articolo:

 

La corsa all’acquisto della carta igienica che si è scatenata in molti paesi del mondo con l’arrivo del coronavirus è stata bollata come una forma di isterismo collettivo da giornalisti ed esperti sanitari. Fanno presente che il nuovo male non è la dissenteria, non fa andare più spesso in bagno. Ne deducono che si tratti di panico irrazionale, di stupidità di massa.
È chiaro che
“panic buying” e accaparramento sono fattori, specialmente quando i media abbondano con immagini di scaffali vuoti negli ipermercati. Già a febbraio degli uomini armati hanno fatto irruzione in un negozio di Hong Kong portando via 600 rotoli per un valore di circa €120. A marzo un quotidiano australiano ha fatto uscire un numero con otto pagine bianche per “sopperire alle necessità igieniche”.

Tuttavia, gli esperti del settore cartario—specialmente davanti al perdurare del fenomeno nei grandi centri urbani, dove tende a concentrarsi—esprimono forti dubbi sull’irrazionalità di massa come motivazione della corsa alla carta. Esiste infatti una spiegazione semplice e perfettamente razionale: l’auto-isolamento in casa che ormai riguarda un terzo della popolazione del globo ha cambiato radicalmente il posto in cui si va al bagno. Le persone che in tempi normali passano molte ore del giorno al lavoro, in ufficio o a scuola, o magari al ristorante o a fare shopping, sono ora confinate in casa,
lontane dai consueti gabinetti dei giorni feriali.

La Georgia-Pacific, tra i principali produttori di carta igienica negli Stati Uniti, calcola che restare in casa 24 ore su 24 aumenta il consumo “residenziale” del 40%. Secondo l’azienda, ciò significa che in condizioni di “lockdown” il consumo di una famiglia media americana di quattro persone ammonterebbe a 17 rotoloni doppi di carta igienica ogni due settimane.

È perfettamente vero che in queste circostanze il consumo di carta igienica nei posti di lavoro, nelle scuole e nelle altre “normali” destinazioni fuori casa praticamente s’azzera, ma la carta fornita agli uffici e alle istituzioni segue percorsi logistici completamente separati rispetto a quella usata in casa. La qualità è diversa, come lo è anche il confezionamento e, molto spesso, le dimensioni dei rotoli.

Per complicare ulteriormente le cose, pure la distribuzione è marcatamente diversa. Molti produttori si concentrano su una sola delle produzioni tra il consumo domestico e quello fuori casa. “Charmin”, il marchio leader nel mercato domestico americano, è prodotto dalla Procter & Gamble, che non è affatto presente nel mercato professionale. I produttori per gli uffici e le istituzioni invece, tipicamente non hanno rapporti commerciali con la Grande Distribuzione Organizzatafocalizzata sul consumo di massa —né, tantomeno, trattano il tipo di prodotto richiesto dalla GDO.

La situazione negli Usa si riproduce anche in Europa. La carta c’è, ma non dove servirebbe perché la logistica, una macchina molto—forse troppo—raffinata, non riesce a farla arrivare senza stravolgere un intero settore industriale. La scarsità non dipende dalla massa incolta che non sta a sentire i saccenti mentre spiegano che il problema non esiste. Esiste, anche a cause dell’isolamento in casa. Comprare troppa carta igienica può non essere utile, ma non è irrazionale.
 

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