La Procura di Roma ha chiesto l’ergastolo per Daniele De Santis, l’ultrà giallorosso accusato dell’omicidio di Ciro Esposito, ferito gravemente il 3 maggio 2014 poco prima della finale di Coppa Italia tra Fiorentina e Napoli e morto dopo un’agonia di 53 giorni. ‘L’ergastolo me lo do da solo, non me lo date voi. Non ho paura di morire, buffoni’, sono le parole urlate da De Santis, mentre veniva portato fuori dall’aula bunker di Rebibbia dove i pm hanno chiesto l’ergastolo nei suoi confronti. L’ultrà giallorosso ha seguito l’udienza su una barella a causa delle ferite ad una gamba riportate nel corso degli scontri avvenuti due anni fa nel prepartita della finale di coppa Italia tra Napoli e Fiorentina. I pm Eugenio Albamonte e Antonino Di Maio hanno, inoltre, sollecitato una condanna a tre anni per gli altri due imputati, Gennaro Fioretti e Alfonso Esposito, tifosi del Napoli e accusati di rissa aggravata. I due facevano parte del gruppo che con Ciro Esposito si avventarono contro De Santis nella zona di viale di Tor di Quinto. Daniele De Santis aveva già scritto una lettera per ricostruire, dal suo punto di vista, l’accaduto: ‘Vi scrivo questa lettera per dire che dopo averci pensato molto ancora non me la sento di essere interrogato. Questo non è per sfiducia nel lavoro dei magistrati, la verità sta uscendo da sola e spero che continuerà così. Però sto ancora male , non solo fisicamente, mi devono rioperare e ho pure avuto un’ischemia, forse perdo una gamba e comunque i medici mi hanno detto che rimarrò zoppo. I colpi l’ho esplosi io ma senza mirare. Ero pieno di sangue dappertutto. Mi stavano ammazzando punto e basta, altrimenti non sarei qui vivo anche se posso perdere la gamba. Sono uscito dalla Boreale dove vivo per chiudere il cancello perchè si sentiva un casino di bomboni e fumogeni e dentro stavano giocando i ragazzi. Non ho tirato nessuna bomba, quando sono uscito ho solo raccolto un fumogeno che stava per terra e l’ho tirato e ho strillato al conducente del pullman di levarsi da là quando ho visto che c’erano già casini.A quel punto mi hanno rincorso in trenta o forse di più, ho provato a scappare ma già di spalle mi avevano preso a bastonate. Mi hanno dato tre coltellate ed altre bastonate. Poi ho provato a chiudere il primo cancello ma non ci sono riuscito e mi sono rotto la gamba sotto al cancello. Non volevo uccidere proprio nessuno però purtroppo alla fine un ragazzo è morto. Il resto lo spiegherò al giudice quando avrò il processo o quando le cose si saranno calmate. Sono davvero disperato per quello che è successo e mi porto dentro tutto il dolore per la morte di Ciro Esposito. Spero che continuerete le indagini perchè quello che ho detto è la verità’ Antonella Leardi, la madre di Ciro Esposito, aveva fatto già fatto sapere di non credere alla versione di De Santis e che “sono tutte bugie: ‘È uscito attrezzato per fare del male. Dice anche che è disperato per la morte di Ciro? Mi fa piacere, significa che allora ha una coscienza’. Negli stadi, in realtà, ci sono i tifosi e gli animali. E gli stadi assomigliano sempre di più a una gabbia con fili spinati, vetri rotti, coperture crollate, cancelli arrugginiti e il degrado regna sul decoro. Anche per questo ‘riportare le famiglie allo stadio’ è diventato il mantra fallito del calcio italiano. Molte strutture sono indietro di 50 anni ed, esclusione fatta per il nuovo Juventus Stadium di Torino, le situazioni più gravi riguardano gli impianti sportivi di Bergamo, Pisa, Bari, Palermo, Napoli, Bologna e Cagliari. L’impressione delle persone è quella di essere tenuti come bestie ammassate, ed un esempio è il settore ospiti del San Paolo di Napoli. L’alibi, per i club, è che gli stadi non sono di proprietà delle società sportive ma di altri enti. Eppure il calcio produce in Italia, in termini di Pil, cifre paragonabili a quelle della Fiat. Ma se lo stato di salute delle strutture continua ad incancrenirsi, secondo l’Osservatorio, sarà inevitabile la chiusura di alcuni impianti entro i prossimi due anni. La nuova fotografia del tifo in Italia è un selfie che fa figurare il calcio in fondo alla classifica europea, vicina ai Paesi dell’Est del Continente. Anche la Francia è stata recentemente costretta a vietare alcune trasferte e la Germania è alle prese da tempo con lo stesso fenomeno, di proporzioni ancora maggiori. Gli incidenti, però, si verificano soprattutto nei pub durante i dopopartita e non nei pressi delle strutture sportive. Altre dinamiche, che di certo non sono legate al degrado. La ricetta dei tedeschi è tecnologia e organizzazione con videosorveglianza e strutture moderne dimensionate ai rischi. Basti pensare che, nonostante tutto, la Germania raggiunge una media dell’80% di riempimento degli stadi. In Italia, invece, siamo scesi al 40%. Sempre meno presenti e sempre più violenti. L’alternativa è condividere gli spalti con gli uomini cannone e i lanciatori di coltelli. Quelli che uccidono…
Cocis