Caso Ligresti. Cancellieri: Fiducia piena o pronta a dimettermi

O continuo a fare il ministro con piena dignità e poteri oppure sono pronta a lasciare il governo. Basta al metodo Boffo e alla caccia alle streghe.  Anna Maria Cancellieri, al centro di una polemica politico-giudiziaria per la ‘scarcerazione’ dell’amica Giulia Ligresti, è pronta ad abbandonare l’esecutivo dalle larghe intese guidato da Enrico Letta se non sarà rispettata ‘per il suo ruolo istituzionale’. “O mi chiedono di rimanere con piena dignità e rispetto oppure, signori, io non sarò mai un ministro dimezzato. Come ministro devo affrontare temi delicatissimi: o me li fanno affrontare a testa alta oppure se ne trovino un altro”. Da Strasburgo, in una conferenza stampa a dopo l’incontro con il segretario generale del Consiglio d’Europa Thorbjørn Jagland, il Guardasigilli manda un messaggio ben preciso a Roma. “Se continuerò a fare il mio lavoro lo farò senza nessun cedimento e su questo sono pronta a fare anche le battaglie più dure. O c’è fiducia e stima oppure avanti come prima. Mica me l’ha chiesto il medico”, spiega la Cancellieri.

“Io non ho mai chiesto poltrone, voglio solo che il governo Letta possa andare avanti a lavorare”. Non ci sta a passare per una ‘traditrice’ delle istituzioni perché “non sono mai venuta meno ai miei compiti per un amico. Non lo farei neppure per un fratello e una sorella” scandisce Cancellieri che chiede di “guardare ai fatti, no alla caccia alle streghe”. E prepara la sua difesa e alle Camere racconterà “i fatti così come sono accaduti, puntualizzerò alcune cose”, perché “non tutto quanto scritto trova la mia condivisione. Sono molto tranquilla perché i fatti sono molto semplici”.

“Non mi sono mai occupata di scarcerazione – continua il ministro – è una falsità, non ho mai fatto nulla che non sia un mio preciso compito: non è mai successo che il Dap intervenisse per una scarcerazione. Chi dice questo è falso e ignorante”. Ed è “falso e bugiardo chi sostiene che io sia intervenuta sulla magistratura: non chiederei nulla che non fosse nel rispetto della legge”. Insomma per la sua amica Ligresti lei non ha forzata le norme ma ha solo “raccolto una segnalazione su una persona a rischio di vita e l’ho raccolta senza guardare al nome” rimarca Cancellieri. Una risposta indiretta, questa non solo alla vicenda del figlio, Piergiorgio Peluso, che è stato dg Fonsai, ma soprattutto al caso Ruby, quando l’allora presidente del consiglio, Silvio Berlusconi, avrebbe telefonato alla Questura di Milano per intercedere a favore della escort marocchina. Tanto che il Guardasigilli spiega che in tre mesi ci sono stati 110 interventi, a favore di detenuti, “non tutti miei personali, circa 40-50 sono della segreteria, un’altra gran parte sono miei con appunti scritti e ci sono stati anche interventi fatti telefonicamente e direttamente”. Insomma la sua amica Giulia Ligresti non sarebbe stata beneficiata di alcun intervento legato alla carica di ministro della Giustizia da parte di Anna Maria Cancellieri. Ma la sua tesi difensiva non convince tutti e il M5S presenta una mozione di sfiducia individuale nei confronti del ministro.

Mozione di sfiducia del M5S. La tesi difensiva del Guardasigilli non convince il MoVimento 5  Stelle che ha depositato alla Camera la mozione di sfiducia individuale contro Cancellieri. “Un ministro della Giustizia che si sia lasciato condizionare nel suo operato dai suoi rapporti personali con la famiglia Ligresti – e dai rapporti economici poco chiari del figlio – agendo, oltretutto, con una marcata disparità di trattamento verso gli altri detenuti ‘non eccellenti’ e utilizzando i magistrati che operano all’interno del ministero è un’ombra indelebile sulla sua figura istituzionale da un punto di vista etico, morale e politico”, scrivono i grillini. Nella mozione si cita anche il caso Ruby che vede coinvolto Silvio Berlusconi. “Il solo sospetto che un ministro della Giustizia possa aver ricevuto ed esercitato pressioni – si legge nel documento – è un’ombra di cui un membro delle istituzioni non si può vestire; d’altra parte siamo memori di un caso, avvenuto nella scorsa legislatura, e riguardante un presidente del Consiglio dei ministri e la Questura di Milano che può sembrare molto simile alla situazione in questione”.

“Un ministro, soprattutto di un dicastero chiave come quello della Giustizia – esordiscono i 5 Stelle nella mozione di sfiducia – rappresenta la figura più alta della gerarchia amministrativa, e, proprio per tali motivi, deve, non solo essere, ma anche apparire terzo rispetto ai propri atti e ai propri comportamenti; ogni ministro, nell’espletamento della propria opera, dovrebbe spogliarsi da sentimenti di amicizia o restituzione di favori confliggenti con il proprio ruolo istituzionale, proprio perché ruolo preminentemente di garanzia verso cittadini e propri dipendenti, così da dare piena attuazione all’art. 3 della Costituzione e al fondamentale principio della separazione dei poteri”.

I grillini ripercorrono alcuni passaggi del caso Fonsai, si soffermano sul rapporto di lavoro del figlio di Cancellieri, Piergiorgio Peluso, con i Ligresti, poi su vecchie notizie stampa risalenti all’86, quando Antonino Ligresti fu travolto dal primo scandalo sulle ‘aree d’oro’ e Cancellieri ricopriva l’incarico di capo ufficio stampa della prefettura di Milano.

E sottolineano come “l’intervento del ministro a favore della scarcerazione di Giulia Ligresti ‘per motivi legati all’anoressia’ presenta aspetti molto discutibili e che devono essere chiariti sul piano politico e non solo su quello giudiziario, in quanto risulta grave che l’intervento in questione sia stato richiesto da una telefonata privata e che abbia riguardato una classica detenuta eccellente”. Per il M5S il ministro ha compiuto una disparità evidente, trattando Giulia Ligresti come una detenuta di serie A o “eccellente”, come la definiscono a più riprese i grillini nella mozione di sfiducia, “mentre altri 70.000 continuano a soffrire e a morire”.

“E’ particolarmente grave – accusano i grillini – che il ministro si serva di figure di garanzia come i magistrati, vice capi del Dap per adempiere ai suoi debiti privati, attraverso presunti atti di deviazione delle funzioni pubbliche. Ed è ancor più grave che di fronte a una ingerenza interessata del ministro, i magistrati che operano al Dap possano essere stati servizievoli col potere esecutivo e – anche a volere ritenere che non siano intervenuti (ma è difficile ritenerlo visto che ‘già si erano posti il problema’) – comunque non abbiano preso le distanze da un simile comportamento; non abbiano riferito formalmente all’autorità giudiziaria dell’interessamento non ufficiale ricevuto da parte del ministro, così venendo meno alla funzione di garanzia e di pari trattamento di tutti i detenuti. Ed è ancora più grave che lo stesso ministro – si legge ancora nella mozione di sfiducia – parlando con la compagna del Ligresti degli arresti avvenuti lo stesso giorno, si rivolgesse alla stessa denunciando una ‘ingiustizia’ della Magistratura nei confronti della famiglia Ligresti, che ricordiamo già condannato nel 1997 per corruzione”.

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