“E’ un’operazione truffaldina quella messa in atto in queste ore da chi invoca, in modo retorico e ipocrita, interventi per fermare l'esercizio, da parte del Gruppo Fiat, del suo diritto alla legittima difesa. Il vero sopruso è la sentenza che ha confermato l'incredibile principio del minimo garantito di operai antagonisti nelle fabbriche, segnando forse il livello più alto d’intrusione giudiziaria nella gestione d’impresa della storia italiana. In una sorta di acido sberleffo luddista, quella sentenza ha invocato una normativa europea per una condanna che mai in un altro paese europeo sarebbe stata applicata. D’ora in avanti, ogni impresa nel cui organico vi siano scostamenti statistici rispetto alle medie territoriali di presenza di maomettani, extracomunitari, omosessuali o di comunisti, potrà veder comparire ai suoi cancelli i carabinieri che scorteranno e imporranno nelle linee di produzione, in applicazione di questo bizzarro caporalato magistratuale del politicamente corretto, i rappresentanti delle categorie mancanti! Dopo aver inventato, per essere all’altezza dei tedeschi, il governo tecnico di Mario Monti, ora scopriamo che con qualche altra sentenza come quella di Pomigliano finiamo dritti nella Germania Orientale di Walter Ulbricht! Non la Fiat, è la Fiom sconfitta dal referendum che deve fermarsi, rammentando la sua antica tradizione industriale e contrattuale: dopo il nitido impegno di Marchionne a una nuova strategia di marchi e di prodotti che valorizza le competenze distintive dei siti italiani, la Fiom rinunzi alle ordalie giudiziarie e raggiunga i sindacati riformisti al tavolo delle trattative, aderisca ai patti in vigore e si faccia protagonista di una nuova stagione di sviluppo. Patto per la competitività internazionale del Gruppo, partecipazione agli utili e al capitale sul modello americano degli ESOP, impegno del Governo a fare della nuova Fiat “premium” un campione nazionale dell’export: questo si attende il Paese, non una guerra fra operai dove la tessera diventa privilegio”. Lo dichiara il sen. del Pdl Maurizio Castro, capogruppo del PdL in Commissione Lavoro.
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