Caso Santanchè, la Camera approva odg che impone di sanzionare la società Visibilia

Il Pd chiede al governo di chiarire e sanzionare l’utilizzo “fraudolento” della cassa Covid per i dipendenti di Visibilia, la società della ministra Daniela Santanchè finita nel mirino della Procura di Milano. Non solo il governo dà parere favorevole, ma anche la maggioranza approva. Scatenando l’applauso delle opposizioni che non riuscivano a credere ai loro occhi: dare via libera al testo proposto da cinque deputati dem equivale infatti a una messa in stato d’accusa della responsabile del Turismo. Santanchè, davanti ai cronisti, ha commentato: “Hanno fatto bene. Sono d’accordo. Mi sembra giusto che il governo faccia la sua parte. Quando verrò qui mercoledì non avrò problemi”.

È accaduto alla Camera durante la discussione sugli ordini del giorno al decreto Lavoro. In quello firmato dagli onorevoli Gribaudo, Scotto, Fossi, Laus e Sarracino si ricostruisce la vicenda finita al centro della bufera e si impegna l’esecutivo ad adottare tutta una serie di azioni per ripristinare la legalità.

“Secondo quanto riportato in alcuni articoli di giornale ed emerso dalla recente inchiesta giornalistica realizzata da Report, tra le imprese che avrebbero impropriamente percepito la cassa straordinaria Covid, senza averne diritto e continuando a far lavorare il proprio personale, rientrerebbe anche la Visibilia Editore, società quotata in Borsa, a suo tempo controllata con il 48,6 per cento delle azioni dalla senatrice Santanchè”, si premette nel testo del Pd. Con chiaro riferimento all’azienda della ministra.

“Secondo alcuni documenti raccolti da un’apposita inchiesta della Consob, risulterebbe che diversi lavoratori, anche con ruoli apicali, non sarebbero mai stati informati della loro collocazione in cassa integrazione, addirittura a zero ore, e non avrebbero mai smesso di lavorare”, prosegue la mozione. “Qualora confermate, tali vicende evidenzierebbero condotte gravemente lesive dei diritti dei lavoratori e un sostanziale uso illegittimo degli strumenti straordinari di sostegno del reddito dei lavoratori durante la pandemia”. E dunque, “si impegna il governo ad adottare ogni iniziativa utile al fine di potenziare i controlli sull’utilizzo appropriato della cassa straordinaria Covid, così come delle altre provvidenze previste durante la fase della pandemia, e per sanzionare gli operatori che ne avessero usufruito in maniera fraudolenta, recuperando con la massima sollecitudine gli importi illecitamente percepiti”.

Esultano i deputati del Pd. “L’approvazione dell’ordine del giorno è tecnicamente una sfiducia alla ministra Santanché da parte del Parlamento e della sua stessa maggioranza”, commenta Arturo Scotto. “Qualora le accuse dovessero essere confermate le dimissioni dovrebbero essere istantanee. O si sono sbagliati perché non hanno letto il testo dell’odg oppure si è aperta una crepa vera nella maggioranza. Qualcuno ne tragga le conseguenze”. E la capogruppo dem Chiara Braga twitta: “La ministra Santanchè scappa dalla Camera ma intanto maggioranza e governo la scaricano in tempo zero votando il nostro odg su Visibilia e cassa integrazione. A sfiduciare la ministra ci hanno già pensato loro”.

La ministra Daniela Santanchè “scappa dalla Camera, non verrà a riferire. Noi abbiamo ribadito la nostra contrarietà a questa scelta e chiesto al ministro Ciriani di risollecitare una informativa anche alla Camera ritenendo non soddisfacente il fatto che si svolgerà solo al Senato”. Lo ha detto la capogruppo del Pd alla Camera Chiara Braga al termine della riunione della capigruppo di Montecitorio. Il ministro per il Turismo sarà invece in Aula al Senato mercoledì 5 luglio alle 15 per una informativa, come stabilito dalla conferenza dei capigruppo di Palazzo Madama. Dopo l’inchiesta nell’ultima puntata di Report, relativa ad aziende ritenute riconducibili alla ministra del Turismo, da più parti è stato chiesto alla ministra di chiarire in Parlamento.

L’informativa della ministra del Turismo in Senato “non costituisce un precedente, la ministra avrà piena libertà di decidere se riferire solo al Senato o in entrambe le Camere”, aveva affermato il presidente del Senato Ignazio La Russa.

Nel “Si&No” del Riformista spazio al caso Santanché: deve dimettersi? Favorevole Walter Verini, senatore del Partito democratico, secondo cui “è necessario chiarire i fatti soprattutto nel rispetto delle istituzioni“. Contrario Raffaele Nevi, vicepresidente vicario del gruppo Forza Italia alla Camera dei Deputati. “Viva il garantismo: basta usare la giustizia per scopi politici”.

Partiamo da qui: il giornalismo d’inchiesta non può essere classificato come «dossieraggio», «fango», «gogna mediatica». Sono parole usate da qualche esponente della destra nelle – pur blande – difese di Daniela Santanché. Trasmissioni come Report  possono non piacere. A volte, negli anni, possono avere trasmesso servizi sgraditi e con qualche unilateralità. Ma, a parte questo, verrebbe da dire: è il giornalismo d’inchiesta, bellezza. E Report è questo. Negli anni la trasmissione ha fatto le bucce a tutti: a destra come a sinistra, al mondo industriale, cooperativo e alle multinazionali. Alle industrie delle armi e al terzo settore. Ai sindacati e al Vaticano. Al mondo della sanità prima, durante e dopo il Covid. Oggi è il turno della Ministra Santanché, nella sua veste precedente di amministratrice di imprese, in particolare della galassia Visibilia. La libera informazione, del resto, è questo: un contropotere. Deve essere scomoda e urticante. È elemento essenziale della democrazia.

Sono partito da qui, perché gli anatemi lanciati alla trasmissione sono inaccettabili e da respingere al mittente. E confermano un fastidio per le luci accese, i fari, i controlli, la trasparenza. Report ha documentato un modo disinvolto di gestire imprese, rapporti tutti da capire con fondi di provenienza offshore, con testimonianze di dipendenti e fornitori lasciati senza TFR o senza saldo dei crediti dovuti. Mentre quelli, molto elevati, spettanti ai membri dei Cda sono stati “ovviamente” saldati. La trasmissione ha documentato un modo di gestire le relazioni con i lavoratori ben oltre i limiti delle corrette relazioni tra dipendenti con proprietari e amministratori di imprese. Sono poi emersi debiti verso lo Stato (di imprese al vertice delle quali c’era Daniela Santanché) per 2.7 milioni. É possibile – è giusto – che un membro del Governo si trovi in queste condizioni? Non occorre che sia fatta chiarezza? Così come è necessario che chiarezza e trasparenza siano fatte anche su altri aspetti emersi dalle inchieste, come quelli relativi a modalità improprie di gestione degli ammortizzatori sociali. Ci sono inchieste della Procura su vari filoni della vicenda.

Al momento la Santanché non ha ricevuto avvisi di garanzia. E, in ogni caso, la vicenda penale è solo un aspetto, pur rilevante, e farà il suo corso, con i principi di presunzione di non colpevolezza per chiunque fosse indagato o rinviato a giudizio. Ma già ora sono emersi enormi problemi legati a serie questioni di opportunità. L’impressione  è che alcuni aspetti emersi rivelino una tendenza alla gestione delle imprese che, nel secolo scorso, avremmo definito come «socializzazione delle perdite e privatizzazione dei profitti». E una tendenza a considerare le serie regole di mercato, le regole sindacali, previdenziali, di relazione e rapporto con lo Stato quasi come un impaccio. Non siamo ancora arrivati al «lacci e lacciuoli» (quelli sbagliati vanno sciolti, quelli seri no) ma aspettiamocelo. Per questo chi ricopre cariche istituzionali e di governo non aspetta giorni per decidere di presentarsi in Parlamento. Lo pretende. Non minaccia querele che rischiano di apparire intimidatorie. Una persona che ricopre cariche di Governo ha il dovere (ma anche il diritto, per rimuovere ombre e smentire accuse) di fare chiarezza. In questi giorni, dalle parti di questa maggioranza e della stessa Santanché, si sono alternati inaccettabili atteggiamenti alla «me ne frego” con difese d’ufficio apparse «atti dovuti».

Ci sono state pure manovre interne a governo e maggioranza per usare la vicenda in chiave di posizionamenti, giochetto politico, indebolimento della Presidente, nel quadro caotico e nel pessimo clima che si respira dalle parti di Palazzo Chigi. E hanno fatto capolino richieste di chiarezza. È questo il punto e, lo ripetiamo, prescinde dell’iter penale. In gioco ci sono, anche in questo caso, il senso e il rispetto delle istituzioni. L’esigenza di piena chiarezza davanti al Parlamento e al Paese. Non è questione secondaria. Chiudere gli occhi, voltarsi dall’altra parte, minimizzare  significa – secondo me – assestare un nuovo colpo alla credibilità della Politica e del modo di servire le istituzioni con disciplina e onore. Dunque, Daniela Santanché venga al più presto in Parlamento. Faccia, se può, piena chiarezza. In caso contrario, il passo indietro sarà inevitabile.

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