Mentre Maurizio Landini fa scena muta sul caso Stellantis, non fanno altrettanto i sindacalisti Usa. Come sappiamo il gruppo degli Elkann manda a casa e in cassa integrazione quindicimila operai e dipendenti. Ma nel contempo dà 36 milioni di euro di stipendio al suo amministratore delegato, Carlos Tavares, e 4 milioni di compenso al rampollo della famiglia, Jonn. La Cgil ha detto qualcosa? Muta. Invece a preoccuparsi e a chiedere conto a Stellantis su quali siano i piani aziendali per il futuro di alcuni stabilimenti sono i sindacalisti americani.
A sottolinearlo è il vibrante editoriale di Maurizio Belpietro. Negli Usa “i rappresentanti dei lavoratori infatti, paiono preoccupati dalla nebbia che sovrasta le strategie del gruppo automobilistico. La notizia è però che a chiedere lumi su investimenti e produzione non sono Maurizio Landini e compagni. Ma i delegati di United auto workers: ovvero i sindacati americani”. I quali sono tanto preoccupati e arrabbiati da essere pronti anche a mobilitarsi per uno sciopero. “Negli Stati Uniti in effetti c’è molto fermento nel settore – scrive il direttore nell’editoriale sulla Verità- . Soprattutto dopo che sia Ford che Gm, ovvero i due grandi competitor di Stellantis che con Chrysler è uno dei gruppi più importanti dell’automotive d’oltreoceano, hanno annunciato tagli al personale”.
Il potente sindacato americano Uaw minaccia lo sciopero nazionale contro Stellantis negli Usa. Il leader Shawn Fain accusa l’ad Carlos Tavares di non rispettare gli impegni presi nel 2023. Il sindacato proprio quell’anno ha guidato una grande mobilitazione contro Stellantis e le altre due grandi case automobilistiche di Detroit, General Motors e Ford. Lo ha fatto per ottenere un contratto più equo e adeguato ai risultati finanziari delle aziende. E ora ha fatto sapere che i rappresentanti delle sezioni locali sono «pronti a presentare reclami per il mancato rispetto degli impegni di investimento e del contratto sindacale da parte dell’azienda, preparando il terreno per uno sciopero nazionale».
Stellantis, con gli accordi del 2023 con il sindacato – ricorda MilanoFinanza- ha accettato di costruire un nuovo impianto per le batterie da 3,2 miliardi di dollari; di investire 1,5 miliardi in una nuova fabbrica di pickup di medie dimensioni a Belvidere, nell’Illinois; e di creare 5 mila nuovi posti di lavoro negli Stati Uniti entro il 2028. Di qui la minaccia dello sciopero. E in Italia?, si chiede Belpietro? “Al momento, sul fronte sindacale si registra un silenzio di tomba”.
“Non c’è alcuna chiarezza sul piano per l’Italia”, scrive sui social il leader di Azione Carlo Calenda, che sposa le critiche del governo, espresse dal ministro Urso, sulle politiche industriali del gruppo guidato dalla famiglia Elkann, alla quale chiede di venire a riferire in Parlamento. “Ci aspettiamo che Elkann risponda alla convocazione della commissione del Parlamento e venga a spiegare i piani del gruppo per il nostro Paese. Fino ad oggi, tutte le promesse e garanzie da Magneti Marelli alla produzione di veicoli si sono rivelate completamente aleatorie”.
Poi, è arrivata anche la replica del gruppo automobilistico. “In riferimento alle dichiarazioni odierne, che seguono le numerose dei giorni scorsi, Stellantis rimane concentrata sull’esecuzione del piano per l’Italia per i prossimi anni, già comunicato ai partner sindacali, che include progetti importanti come quello per Mirafiori 2030”, prosegue la multinazionale, sottolineando che “il nostro obiettivo è quello di lavorare insieme a tutte le parti interessate per affrontare i principali impatti dell’elettrificazione e della crescente concorrenza nel contesto di un mercato europeo che è ben al di sotto dei livelli pre-pandemia e che non consentirà alla produzione di tornare a crescere immediatamente come la nostra industria sta affrontando a livello globale in Europa”. Per Stellantis Italia “è essenziale che tutti gli attori della catena del valore – compreso il Governo – contribuiscano a creare le giuste condizioni per la competitività, la dinamica del mercato e anche per la tranquillità, indispensabili per realizzare la transizione epocale che la mobilità sta vivendo”.
“Tocca alla Fiat assumersi la responsabilità sociale – aveva detto alla kermesse di Rimini di Cl il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso – tocca a Stellantis rilanciare l’auto in Italia e noi aspettiamo una risposta da tempo. Il Governo ha fatto la sua parte, Stellantis no”. “Nel primo incontro con Tavares – racconta Urso – lui mi chiese due cose per progettare lo sviluppo dell’auto italiana per raggiungere l’obiettivo di un milione di veicoli. La prima di rimuovere l’ostacolo dell’Euro 7, e ci siamo riusciti, per questo Stellantis ha annunciato il prolungamento di alcuni modelli. Poi ci chiese un piano incentivi commisurato alla produzione in Italia e abbiamo fatto il più grande piano incentivi sull’auto, un miliardo di euro”. Così facendo, argomenta Urso, “abbiamo raggiunto questi obiettivi, ma quello del sostegno della produzione italiana non è stato raggiunto. Perché era Stellantis che doveva aumentare la produzione nel nostro Paese per rispondere alle richieste sollecitate dagli incentivi. Quindi – chiosa – il Governo ha fatto la sua parte, l’azienda no”.