Cassazione: “Nessun attenuante per autori scontri contro forze dell’ordine”

 Nessuna attenuante per chi si rende protagonista di scontri violenti contro le forze dell’ordine durante una manifestazione. Pugno di ferro della Cassazione, che ha reso definitiva la condanna per uno degli ‘indignados’ che il 15 novembre 2011 partecipò agli scontri scoppiati nel centro di Roma. La Suprema Corte (sesta sezione penale) ha condiviso le conclusioni dei giudici d’appello, i quali avevano evidenziato che l’imputato aveva fatto parte di un “nutrito gruppo di facinorosi, impegnati in una violenta aggressione nei confronti delle forze dell’ordine”, e che era stato “individuato mentre, rimasto isolato, lanciava ancora un sasso all’indirizzo degli agenti”. Fotografie, poi, testimoniavano che il giovane aveva lanciato anche un tubo incendiario per danneggiare un blindato della Polizia. Per questo, gli ‘ermellini’ hanno ritenuto legittima la contestazione delle aggravanti all’imputato, mentre hanno escluso qualsiasi possibilità di concedergli l’attenuante dell’avere agito per suggestione di una folla in tumulto”.  L’attenuante in esame, ricordano i giudici di ‘Palazzaccio’, “è configurabile allorché ricorrano tre presupposti: una moltitudine di persone addensate in un determinato luogo e agitate da passioni che determinino uno stato di eccitazione violenta collettiva; la presenza, in mezzo alla folla, del soggetto agente che non abbia avuto, in precedenza, intenzione di commettere l’illecito; un nesso di causalità psichica tra la suggestione emanata dalla folla e la condotta illecita”. Questi presupposti, osserva la Corte in una sentenza depositata oggi, “non sono ravvisabili nel caso in disamina” poiché l’imputato è stato “chiaramente notato dagli operanti mentre, insieme ad un nutrito gruppo di giovani, poneva in essere un vero e proprio attacco armato, mediante l’uso di picconi, spranghe, sassi e san pietrini, nei confronti delle forze dell’ordine” e proseguì tale condotta anche quando “rimase isolato dagli altri componenti del gruppo”. Una “simile condotta – si legge nella sentenza – non costituisce l’effetto della concomitanza occasionale di plurime e separate iniziative di singoli soggetti, ma il prodotto di un’azione concertata tra i violenti, che avevano evidentemente già deciso la strategia inerente alle azioni di danneggiamento e agli attacchi alle forze dell’ordine”, né “ è stato specificato dalla difesa a che punto del pomeriggio e per quale suggestivo sommovimento della folla l’imputato si sia indotto a trasformare l’asserita pacifica sfilata di protesta nell’atteggiamento violento ritratto nelle fotografie in atti”.

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