Mentre si attendono risposte dal Governo nazionale e si registra la richiesta al Ministero della Salute da parte di numerosi gruppi di caregiver (tra cui l’Associazione Italiana Persone Down, l’Associazione Hermes e l’Associazione Oltre lo sguardo) per un protocollo che permetta la presenza dei familiari in ospedale a fianco delle persone non autosufficienti malate da Covid, il caso di Valeria Scalisi, la 32enne affetta da Sindrome di Down, deceduta al Pronto Soccorso Covid del Policlinico di Catania dopo 12 giorni di sofferenza causata, oltre che dalla malattia, dal distacco traumatico dai familiari, è stato al centro della riunione plenaria (in videoconferenza) del Comitato Consultivo Aziendale del “Policlinico-San Marco“ di Catania.
La riunione, convocata dal Presidente Pieremilio Vasta e nella quale si è fatto il punto a partire dalle valutazioni condotte dal gruppo di lavoro “Accoglienza utenza, rapporti con l’URP, segnalazioni reclami” coordinato da Piero Banna, si è conclusa con un vero e proprio programma di lavoro: il Comitato, d’intesa con il Direttore Generale Gaetano Sirna, si è impegnato a presentare in pochi giorni una proposta, concertata col Direttore medico di Presidio Paolo Adorno che, nel rispetto del contenimento del Covid, della sicurezza dei pazienti e del personale sanitario, possa valorizzare, in casi di necessità, figure di familiari in funzione di caregiver. Al Policlinico di Catania sarà quindi definita – come ha spiegato Vasta – “una procedura affinché le persone con disabilità abbiano stesse opportunità di cura ma con sostegni adeguati alla loro condizione e la possibilità di sopportare meglio la sofferenza e di guarire”.
“Questa vicenda ci ha profondamente colpito”, ha detto il presidente del Comitato. “Abbiamo sentito la necessità e l’urgenza di riunirci per esaminare le modalità di presa in cura di persone con disabilità grave, come la Sindrome di Down, come pure con disabilità intellettiva relazionale. Persone non autosufficienti, cioè incapaci di autodeterminarsi e che non hanno capacità sempre di esprimere i loro bisogni”. Un tema delicato “che va però affrontato e risolto senza indugio. Fermo il rispetto del lavoro dei medici e di tutto il personale sanitario impegnato nei reparti Covid, che non è messo in dubbio, bisogna pure pensare alle esigenze delle persone con disabilità perché un ricovero in isolamento può aggravare la loro condizione e procurare loro un danno incalcolabile ulteriore, oltre quello da infezione da Covid. Per certi casi, insomma, il buon senso deve fare andare oltre e ricercare soluzioni necessarie per contemperare sicurezza e umanità”.