Sequestrati beni per un valore di un milione di euro. Gli agenti della Questura del capoluogo etneo hanno confiscato 9 beni immobili, 2 moto e 5 autovetture, una società di autonoleggio, e diversi rapporti finanziari. I destinatari del sequestro sono due esponenti di spicco di Cosa Nostra: Salvatore Amato, di 65 anni, e suo genero, Francesco Scuderi, di 33, attualmente detenuti perché condannati con sentenza definitiva per associazione mafiosa.
Il decreto emesso dal Tribunale è il frutto di una proposta avanzata dal Questore di Catania e controfirmato dal Procuratore della Repubblica. La fotografia scattata dalle indagini patrimoniali svolte dal gruppo di lavoro integrato dalla Divisione Anticrimine e della Squadra Mobile di Catania documenta l’ascesa criminale di Salvatore Amato dal 1980 al 2019.
L’inchiesta “ha permesso di acclarare l’assoluta sproporzione dei beni nella disponibilità del boss – scrivono gli inquirenti – rispetto alla capacità reddituale dello stesso e del relativo nucleo familiare“. Per gli inquirenti i beni sono “tutti riconducibili ai due boss Turi Amato e Francesco Scuderi ai quali vengono sottratti poiché si ha motivo di ritenere rappresentino il frutto di attività illecite commesse nel tempo dagli stessi, e ne costituiscono il reimpiego“.
Le indagini si sono allargate anche ai familiari: e anche in questo caso per i poliziotti dell’Anticrimine è emersa la sproporzione con quanto dichiarato. “Nello specifico, i beni mobili e immobili e la società intestati ai proposti ed ai familiari conviventi – si legge nella nota della Questura – alla luce delle risultanze complessive dell’analisi delle movimentazioni economico finanziarie in entrata (fonti) e del raffronto con le uscite (impieghi), non hanno trovato giustificazione nei modesti redditi prodotti, a malapena sufficienti per le primarie esigenze di sostentamento dell’intero nucleo familiare“.
Salvatore Amato è il marito di Grazia Santapaola, nipote di Nitto, storico capo della mafia di Catania. Famosa è l’intercettazione in cui la donna si vantava del fatto che loro fossero ‘il sangue blu’ della mafia, in conseguenza della stretta parentela con il rappresentante storico della famiglia.