Riciclaggio di denaro sporco, infiltrazioni della criminalità nelle tifoserie organizzate, corruzione per appalti di opere connesse ai grandi eventi sportivi, match fixing, scommesse clandestine, doping, sfruttamento degli animali: molteplici sono le forme di criminalità che si manifestano nel settore dello sport, come documentano le numerose inchieste giudiziarie che si sono susseguite negli anni.
Per la sua rilevanza sociale e per le sue dimensioni numeriche, lo sport si dimostra una corruption risk area, spesso pervasa da malgoverno e scandali. In particolare, il legame tra sport e illegalità diventa allarmante quando alla pratica sportiva e ai suoi elementi valoriali ed etici, si sostituisce solo il business, per cui i risultati, le vittorie e le sconfitte diventano solo profitto.
A questo tema è dedicato lo studio C’è del marcio nello sport. Ovvero come truccare le carte del gioco, curato per l’Eurispes da Giovanni Tartaglia Polcini e arricchito dalla prefazione di Franco Frattini e dall’introduzione di Gian Maria Fara, che sarà pubblicato a settembre da Minerva Edizioni.
La corruzione nelle sue varie forme di manifestazione affligge l’intero settore dello sport in maniera crescente. Non esiste una disciplina sportiva immune rispetto al pericolo di condotte illecite; né è possibile discriminare tra attività professionistiche e dilettantistiche essendo, anche queste ultime, oggetto di interesse soprattutto della criminalità organizzata. Tutte le mafie hanno mostrato particolare attenzione, nella storia recente, in particolare al mondo del calcio sia in Italia sia nei campionati stranieri. Organizzazioni criminali prive di scrupoli riciclano ingenti capitali nello sport, tendono a controllare il mondo delle scommesse, si insinuano nella gestione degli impianti sportivi e nelle tifoserie alla ricerca del consenso sociale, controllano il mercato delle sostanze dopanti e, attraverso le loro imprese, si infiltrano negli appalti delle grandi opere.
Il volume C’è del marcio nello sport. Ovvero come truccare le carte del gioco è unprezioso “vademecum” per orientarsi nei meandri del sistema sportivo e capire attraverso quali forme e modalità, l’illegalità possa insinuarsi tra le maglie dei meccanismi economici e finanziari, arrivando persino sui campi sportivi delle diverse discipline.
Nel volume vengono passate in rassegna l’insieme delle regole, ovvero l’architettura ordinamentale e istituzionale dello sport, la relativa disciplina a livello nazionale e internazionale, con un interessante approfondimento sull’ultima riforma del settore (Riforma Giorgetti) che ridisegna il ruolo del Coni e conferisce nuovi poteri a Coni Sport e Salute; per poi passare ad analizzare il sistema della giustizia sportiva.
Vengono prese in considerazione, inoltre, le diverse forme di manifestazione della corruzione che affliggono il mondo dello sport a livello nazionale e internazionale, richiamando le principali iniziative di prevenzione e contrasto edificate dalla comunità internazionale. Infine, si ipotizzano diverse proposte operative, evidenziando alcune delle migliori prassi già avviate in sede internazionale.
Secondo recenti dati Istat (La pratica sportiva in Italia, 2017), oltre 20 milioni di persone sopra i tre anni praticano uno o più sport con continuità (24,5%) o saltuariamente (9,8%); l’incidenza dei praticanti sulla popolazione di 3 anni e più, è pari al 34,3%. Fra gli sport più praticati: ginnastica, aerobica, fitness e cultura fisica (25,2% degli sportivi, pari a 5 milioni e 97mila persone); calcio (23%, pari a 4 milioni e 642mila persone); sport acquatici (21,1%, pari a 4 milioni e 265mila persone. Il nuoto è lo sport più diffuso tra i bambini fino a 10 anni (43,1%), il calcio tra gli under 35 (33,6%), ginnastica, aerobica, fitness tra gli adulti fino a 59 anni e sopra i 60 (27,4%).
Secondo il Coni, sono 11 milioni 198mila le persone che fanno sport all’interno di società sportive, attraverso le affiliazioni alle Federazioni Sportive Nazionali (FSN), alle Discipline Sportive Associate (DSA) e ad Enti di Promozione Sportiva (EPS).
L’associazionismo sportivo in Italia è distribuito su tutto il territorio nazionale: 118.812 attività sportive; i rapporti di affiliazione che caratterizzano lo sport dilettantistico sono 145.095 (dati 2016), di cui 54mila sono gli affiliati delle FSN/DSA e oltre 90mila quelli degli EPS.
Questi numeri e queste dimensioni chiariscono la gravità del pericolo dell’infiltrazione criminale in questa area vitale della società.
Tanto che all’interno della Commissione Parlamentare Antimafia è stata costituita una Commissione speciale sulla mafia e gli eventi sportivi. E anche l’Autorità Nazionale Anticorruzione ha richiamato l’attenzione sul tema, evidenziando, in particolare, come il calcio possa diventare una utile macchina di consenso elettorale, economico e finanziario. Inoltre, lo stesso Procuratore Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, Federico Cafiero De Raho, allertato dai numerosi episodi illegali, ha ufficialmente focalizzato la sua attenzione su questo fenomeno e ha attivato una sorveglianza permanente.
«Il mondo dello sport, soprattutto quello professionistico, ha visto crescere esponenzialmente la sua dimensione economica: ingaggi milionari, sponsorizzazioni miliardarie e una vera globalizzazione delle più rilevanti competizioni, hanno moltiplicato i numeri degli investimenti e dei profitti. A fronte di ciò, manca ad oggi una vera regolamentazione giuridica del settore che abbia i caratteri della robustezza, richiesta da simili quantità e grandezze economiche», sostiene il Presidente dell’Eurispes, Gian Maria Fara, che si chiede: «Quali sono i parametri di riferimento per la valutazione di un cartellino di un top player? Chi verifica e come si verifica che non vi sia una sopravalutazione anche ai fini di un adeguamento contabile delle società sportive che, in alcuni casi, finiscono addirittura per essere quotate in Borsa? La logica del mercato, unita ad una notevole incertezza delle regole, ipoteca il terreno dello sport dando origine a comportamenti devianti dai quali discendono scandali sempre più rilevanti».
Sulla stessa linea Franco Frattini, magistrato ed ex ministro, Presidente della Siga (The Sport Integrity Global Alliance), che nella prefazione del volume sostiene: «Purtroppo la regolamentazione e la disciplina giuridica nel settore sportivo appaiono ancora complesse e problematiche e, spesso, non in grado di fronteggiare adeguatamente la minaccia della corruzione in tutte le sue forme di manifestazione già conosciute. A ciò si aggiungono l’assenza di sinergie tra il sistema sportivo e il mondo giudiziario, sia a livello nazionale, sia internazionale, e un certo ritardo nell’adeguamento degli ordinamenti giuridici nazionali ai pur rilevanti strumenti di diritto internazionale adottati per far fronte al fenomeno dilagante. Una prima risposta concreta può essere l’adozione di standard universalmente riconosciuti per il buon governo delle organizzazioni sportive, basati sui pilastri della democrazia, della trasparenza e dell’accountability».
Scrive Giovanni Tartaglia Polcini: «La diffusione della cultura della legalità e dell’integrità, e la capacità di adottare iniziative attive di prevenzione del rischio, costituiscono passaggi indispensabili, non solo per migliorare l’immagine del mondo dello sport, ma anche per ridare fiducia ai cittadini nei confronti delle Istituzioni pubbliche del settore».
Inoltre, «l’adozione di linee guida in coerenza con gli standard internazionali e l’applicazione diffusa e capillare dei modelli di governance della compliance e del risk management al mondo dello sport possono contribuire significatamente ad abbattere i rischi di corruzione. Un controllo di legalità diffuso e partecipato in partenariato tra public e private sector potrebbe condurre ad un innalzamento della soglia di legalità e ad un’anticipazione del piano di tutela».
Il settore dello sport attira gli interessi criminali per motivi sociali ed economici: negli ultimi 20 anni l’attenzione delle Istituzioni in ordine al rischio corruttivo e di infiltrazione mafiosa è cresciuta, si è consolidata ed ha contribuito ad una presa di coscienza collettiva sul fenomeno.
Nondimeno, al di là dei meriti che si devono riconoscere alle iniziative nazionali ed internazionali per la diffusione della legalità nello sport ed a qualche isolato passo in avanti – come ad esempio il Protocollo tra Anac ed Ocse sulla prevenzione della corruzione e promozione dell’integrità negli appalti pubblici e grandi eventi – sono mancate azioni concrete e sistematiche per arginare il dilagante fenomeno che rischia concretamente di offuscare l’intero mondo dello sport.
Alfredo Durante Mangoni, Coordinatore Anticorruzione, Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale aggiunge: «L’Italia gioca un ruolo di primo piano nelle attività internazionali anticorruzione. Il posizionamento internazionale dell’Italia ha conseguito un primo, innovativo risultato nel novembre 2017, quando abbiamo presentato e fatto adottare, alla Conferenza degli Stati aderenti alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione (Convenzione di Merida), una Risoluzione dedicata alla prevenzione e repressione della corruzione nello sport. Le Delegazioni italiane restano impegnate, in diversi fori multilaterali, a sostegno di politiche e strategie di contrasto dell’illegalità e di attuazione dei princìpi di correttezza nelle competizioni sportive, in aderenza ai valori dello stato di diritto e della Carta olimpica e coinvolgendo anche le imprese e la società civile».