Censis: fuga da sanità pubblica, 1 su 3 passa al privato

Per curarsi, la sanita’ pubblica non basta piu’, e gli italiani sono costretti a rivolgersi al Servizio sanitario nazionale ma anche a operatori e strutture private, a pagamento. In particolare, quasi una prenotazione su tre per prestazioni che dovrebbero essere garantite dal pubblico si “dirottano” poi sul privato. Lo rileva il 53esimo Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese. Nel complesso, nell’ultimo anno il 62% degli italiani che ha svolto almeno una prestazione nel pubblico ne ha fatta anche almeno una nella sanita’ a pagamento: il 56,7% di chi ha un reddito basso e il 68,9% di chi ha un reddito di oltre 50.000 euro annui. Ci si rivolge al di fuori del Ssn sia per motivi soggettivi, per il desiderio di avere cio’ che si vuole nei tempi e nelle modalita’ preferite, sia per le difficolta’ di accedere al pubblico a causa di liste d’attesa troppo lunghe. I dati parlano chiaro: su 100 prestazioni rientranti nei Livelli essenziali di assistenza che i cittadini hanno provato a prenotare nel pubblico, 27,9 sono transitate nella sanita’ a pagamento. Mentre su 100 visite specialistiche 36,7 finiscono nella sanita’ a pagamento, cosi’ come 24,8 accertamenti diagnostici su 100.

Spicca soprattutto il dato delle visite ginecologiche;: su 100 prenotazioni nel pubblico, ben 51,7 alla fine vengono svolte nel privato. Marcate le differenze territoriali: il 22,6% delle prestazioni vengono svolte dai privati nel Nord-Ovest, il 20,7% nel Nord-Est, il 31,6% nel Centro, il 33,2% al Sud. Forte e’ la pressione della spesa sanitaria privata: per l’81,5% degli italiani pesa molto o abbastanza sul bilancio familiare (il 77,8% di chi risiede nel Nord-Ovest, il 76,5% nel Nord-Est, l’82,5% nel Centro, l’86,2% al Sud). I motivi del fenomeno, secondo il Censis, sono da ricercare soprattutto nella “erosione del welfare pubblico, per cui esigenze di sostenibilita’ e razionamento dei costi hanno portato negli anni a minare la promessa universalistica di tutela e protezione”. Il risultato, sottolinea il Raporto, e’ che “il Servizio sanitario fatica a star dietro ai nuovi e complessi fabbisogni sanitari e presenta criticita’, di cui la lunghezza delle liste d’attesa che raziona l’accesso dei cittadini e’ il paradigma”.

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