Cgia: Cala il Pil ed aumenterà la pressione fiscale

Il rallentamento della crescita dell’economia italiana comporterà un aumento della pressione fiscale. Nel 2019 l’asticella dovrebbe salire fino al 43%. La previsione nefasta arriva dalla Cgia di Mestre.

“La revisione al ribasso della crescita ha messo drammaticamente in luce non solo il rallentamento in atto della nostra economia e la difficoltà di mantenere in ordine i nostri conti pubblici, ma anche un probabilissimo aumento della pressione fiscale che, nel 2019 rischia, di sfiorare il 43%”. Infatti, nel con la legge di Bilancio veniva prevista una crescita dell’1% del Pil che avrebbe contribuito a far salire di poco la pressione fiscale del 2019, fermandola al 42,3%. Ma in un momento di recessione tecnica e con un Pil che sfiora lo 0%, il peso fiscale è destinato ad aumentare in misura più consistente rispetto alle previsioni. “L’asticella è destinata a salire ed è molto probabile che si attesterà appena sotto la soglia del 43%”, spiega l’associazione di Mestre.

“Sia chiaro: ciò non vuol dire che le famiglie e le imprese pagheranno più tasse. La pressione fiscale, infatti, è data dal rapporto tra le entrate fiscali e quelle contributive sul Pil. Se si abbassa sensibilmente il denominatore – precisa comunque la Cgia – è quasi certo che il risultato del rapporto è destinato ad aumentare in maniera significativa”. “Con una pressione fiscale che negli ultimi decenni è salita costantemente senza che ciò abbia comportato un incremento dei servizi offerti a famiglie e aziende – segnala il segretario della Cgia, Renato Mason – si sono sacrificati i consumi e gli investimenti. Inoltre, è diventato sempre più difficile fare impresa, creare lavoro e redistribuire ricchezza. Alle piccole e piccolissime imprese, in particolar modo, il calo dei consumi delle famiglie ha creato non pochi problemi finanziari, costringendo molte partite Iva a chiudere definitivamente l’attività”.

Gli unici soggetti economici che subiranno un deciso aumento del carico fiscale saranno le banche, le assicurazioni e le grandi imprese. Se per i primi due soggetti l’aggravio di imposta nel 2019 sarà pari a 1,8 miliardi di euro, per i secondi il maggior gettito peserà per 2,5 miliardi di euro.

E c’è il rischio che a pagare siano sempre i consumatori-clienti: non è escluso che “gli istituti di credito riversino sulla clientela i maggiori costi causati dall’inasprimento fiscale ritoccando all’insù le commissioni bancarie che incidono per il 40 per cento circa dei ricavi netti delle banche”. Ad aggravare la situazione va segnalato anche il probabile mancato gettito di alcune voci introdotte nell’ultima legge di Bilancio che ci allontanerebbe dagli obiettivi di deficit e del debito presi con Bruxelles. Uno scostamento che potrebbe indurre l’Unione europea a imporci una manovra correttiva entro la fine dell’estate. Potrebbero mancare all’appello 4 miliardi di gettito dalla rottamazione delle cartelle esattoriali cui si aggiungono i fondi previsti dalla privatizzazione di beni dello Stato: il target di 18 miliardi di euro sembra sovrastimato. Senza contare che con l’introduzione della fatturazione elettronica il fisco punta a incassare un gettito aggiuntivo di 2 miliardi.

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