La crisi climatica fa sì che sempre più spesso, in ambito alimentare, si senta parlare di sostituti della carne, il cui consumo ha un importante impatto ambientale. La maggior parte dei media, sia digitali che non, è invasa da notizie relative a questa tematica, a riprova del ruolo rivestito dall’alimentazione sostenibile nella società odierna. In particolare, negli ultimi mesi si è molto sentito discutere di cibo stampato in 3D, e di un suo possibile impatto nell’alimentazione.
Cos’è il cibo stampato in 3D e quali sono le sue origini?
La stampa tridimensionale trova le sue origini nel 1988, anno in cui è stato depositato il brevetto di Scott Crump, che sviluppò una tecnologia per creare oggetti in 3D tramite una tecnica conosciuta come FDM, che sta per “Fused Deposition Modelling” ed è ancora oggi quella maggiormente diffusa. Questa tecnica si articola su 4 passaggi:
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la fusione
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l’estrusione, procedura per la quale il materiale semisolido viene forzato a passare attraverso un foro assumendo la forma del foro stesso
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la deposizione
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e il modellamento di un filamento termoplastico
In altre parole, la stampa in 3D permette di realizzare un prodotto fisico a partire da un modello digitale realizzato a computer. La problematica legata a questa tecnologia risiedeva nel fatto che la stampa in 3D fosse nata per la prototipazione e, pertanto, inadatta all’industrializzazione a causa dei costi troppo elevati e della dilatazione dei tempi di produzione. Inoltre, fino ai primi anni del 2000 le stampanti 3D erano protette da brevetto, il che ostacolava la diffusione di questa tecnologia.
Fu solo nel 2006 che un gruppo di studenti della Cornell University elaborò una versione semplificata e non protetta da brevetto di una stampante 3D. Le novità rispetto alle versioni precedenti consistevano soprattutto nel contenimento dei costi e delle dimensioni, oltre che nella quantità di nuovi materiali che questa stampante era in grado di riprodurre. Al giorno d’oggi, una stampante 3D è in grado di riprodurre quasi tutti gli alimenti con estrema minuzia e somiglianza. In conclusione, una tecnologia così rivoluzionaria non poteva che essere ampiamente dibattuta, mettendo in opposizione fautori e detrattori.
Quali sono i vantaggi del cibo stampato in 3D?
Nello specifico, i principali vantaggi legati alla stampa 3D sono i seguenti:
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Combattere gli sprechi alimentari
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Incentivare il consumo di cibo non tradizionale
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Permettere alle persone affette da disfagia una maggiore variazione alimentare
Per quel che concerne la riduzione degli sprechi alimentari, ciò è possibile grazie al fatto che questa tecnologia permette di dare nuova forma ad alimenti ancora commestibili ma che non rispettano i canoni estetici per essere venduti, come la frutta troppo matura o il pane secco. Questo ha un duplice vantaggio, ossia quello di contrastare lo spreco alimentare e di risparmiare, in quanto tramite questo meccanismo si evita di dover acquistare nuovamente l’alimento. In secondo luogo, il consumo di alimenti non tradizionali si deve alla possibilità di presentare sotto diversa forma cibi ritenuti insoliti in Occidente, come insetti o particolari piante. Infine, il vantaggio legato ai disfagici si deve al fatto che le persone affette da questo disturbo possono, tramite il cibo stampato in 3D, accedere ad alimenti dalla consistenza più cremosa.
Quali sono le criticitá della stampa 3D?
Le principali criticità legate alla stampa 3D sono le seguenti:
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Tempi di preparazione
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Aspetto economico
Il tempo di preparazione di una pietanza in 3D può variare da pochi minuti a ore per essere realizzata. Ciò costituisce un limite in termini di produzione su larga scala, ostacolando l’industrializzazione di questa tecnologia. La criticità legata ai tempi di preparazione influisce anche sui costi che le persone devono sostenere per poter acquistare questo prodotto. La recente introduzione del “The Filet”, il filetto di salmone realizzato con la stampante 3D, è stata ampiamente dibattuta per il costo del prodotto, triplicato rispetto alla sua versione di origine animale. Un prezzo simile non rende accessibile il prodotto alla clientela, che nell’attuale scenario di inflazione si trova obbligata a sostenere costi elevati anche in altri ambiti, come il pagamento bollette sempre più onerose, l’acquisto di indumenti, il turismo sempre meno accessibile.
Il cibo stampato in 3D è completamente sostenibile?
Per concludere, è doveroso domandarsi se gli alimenti realizzati con questo tipo di tecnologia siano sostenibili in tutti gli ambiti. Da un lato permette di ridurre gli sprechi alimentari e limitare il consumo di carne, e pertanto rappresenta un alleato dell’ambiente. Tuttavia, dall’altra parte comporta dei costi molto onerosi per gli acquirenti, rendendolo economicamente inaccessibile. È lecito domandarsi se la tecnologia sarà in grado di progredire a tal punto da sviluppare dei processi produttivi che permettano di ridurne i prezzi e quindi la commercializzazione su larga scala.