Cina. Dopo maxirissa riapre fabbrica iphone

Ha riaperto i cancelli la fabbrica della Foxconn di Taiyuan, chiusa ieri dopo la maxirissa di domenica notte che ha coinvolto circa 2.000 operai di cui 40 sono finiti in ospedale. Nella fabbrica è tornata la calma ed è ripresa la produzione degli iPhone5, dopo uno stop di 24 ore per agevolare le indagini sulle cause che hanno fatto esplodere i disordini, frenati dopo 4 ore grazie all’intervento di 5.000 poliziotti. Ma proprio la realizzazione dell’ultimo gioiello dell’azienda di Cupertino pare sia all’origine della rissa, mentre la polizia riferisce ad AgiChina24, che “la lite è scoppiata per contrasti personali tra gli operai”.  Alcuni lavoratori hanno fatto sapere che la tensione tra gli operai e gli addetti alla sicurezza è esplosa dopo che un dipendente è stato malmenato. Non è chiaro se sia un lavoratore o una guardia. Tuttavia tra le associazioni che si battono per la difesa dei lavoratori cinesi l’ipotesi sempre più accreditata è che ad accrescere il malcontento sia stato l’arrivo di nuovi gruppi di lavoratori dagli stabilimenti di Foxconn dell’Henan e dello Shandong di rinforzo ai 79mila di Taiyuan.  Una presenza troppo ingombrante soprattutto negli affollati dormitori. E’ la diretta conseguenza di una produzione che viaggia a ritmi sostenuti e della politica aziendale Foxconn: “In totale abbiamo più di un milione di lavoratori in Cina il che ci offre il vantaggio di mobilitare i nostri operai quando una linea di produzione richiede all’improvviso più manodopera. Accade molto spesso di ri-localizzare i dipendenti” ha spiegato Woo. Una necessità improvvisa come quella di soddisfare la domanda dello smartphone più atteso dell’anno, l’iPhone5 per la cui uscita all’inizio di settembre migliaia di studenti universitari di Huai’an, nella Cina orientale, venire cooptati dalle autorità locali, forzati a interrompere le lezioni, e spediti al lavoro negli stabilimenti Foxconn. Ma per ora questa rimane solo un’ipotesi: nonostante un lavoratore abbia dichiarato che le linee stanno producendo pezzi dell’ultima creatura nata in casa Apple, la società non ha mai confermato che lo stabilimento di Taiyuan assembli l’iPhone5. Ma i gruppi per la difesa dei lavoratori non hanno dubbi: la responsabilità ultima è dell’azienda di Cupertino che mette il profitto prima della salute dei dipendenti. Per Geoffrey Crothall, attivista e direttore del sito in inglese dell’Ong China Labour Bulletin, con sede a Hong Kong la rissa della Foxconn si inserisce nel lungo filone di proteste che dallo scorso autunno infiamma le fabbriche cinesi. Il rallentamento dell’economia ha coinciso con una nascita di una sorta di coscienza di classe tra i lavoratori “che iniziano a rispondere alle ingiustizie e a far valere i loro diritti” ha spiegato al New York Times Crothall. “Si puo’ parlare dello sviluppo di una coscienza di classe tra i lavoratori migranti in Cina, ma è ancora a un livello embrionale. Al momento credo che i lavoratori percepiscano ancora sè stessi a livello di singola fabbrica, perchè tutti gli operai hanno la stessa posizione, di solito posseggono lo stesso background e portano avanti gli stessi interessi” aveva detto tempo fa AgiChina 24 Crothall. “Sono tutti ventenni, o anche più giovani, e la stragrande maggioranza di essi è composta da lavoratori immigrati dalle province più povere. Questo retroterra comune è la ragione per la quale si vede un coordinamento principalmente a livello di fabbrica, di stabilimento. Si può anche parlare di collegamento tra lavoratori nella stessa industria, o nello stesso distretto, che è la ragione per cui si assiste a scioperi per cluster”. 

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