NEL 1948 “CARAMBOLA” PER LA PIÙ BELLA D’ITALIA INCORONATA DA TOTÒ
COSÌ HEMINGWAY PERSE LA SUA INSEPARABILE STECCA DA BILIARDO
A DICEMBRE IN ASTA CON ART LA ROSA
A sessant’anni dalla sua morte (2 luglio 1961), al termine di un’esistenza avventurosa, turbolenta, enigmatica e intensa, Ernest Hemingway rimane una delle personalità più influenti della letteratura americana.
Oltre allo scrittore; oltre al giornalista e cronista di guerra; oltre al Nobel che lo lega alla memoria di tutti; ogni singolo avvenimento della sua vita è stato ben raccolto e documentato da numerosi biografi: l’insofferenza interiore amplificata dall’alcol; l’avventura in Africa come cacciatore; le cicatrici della guerra, gli atterraggi aerei di fortuna; le ferite che lo segnarono lungo il corso dei suoi anni più difficili.
Ma c’è anche un Ernest Hemingway inedito. È l’uomo dal grande fascino, che ha collezionato quattro mogli e un numero imprecisato di relazioni sentimentali. È l’Hemingway corteggiatore e amante, sensibile alla bellezza femminile, che nel 1948 si scontrò con Antonio De Curtis, il nostro Totò, a Stresa, per il tanto contestato verdetto di Miss Italia.
La maschera tragicomica più rappresentativa d’Italia faceva parte della giuria del Concorso di Bellezza che allietava gli anni del Dopoguerra sulle rive del Verbano. Al Regina Palace Hotel sfilavano i canoni estetici di una femminilità che non c’è più: tra bikini castigati e taglie morbide, vinse quell’edizione la triestina Fulvia Franco: 1 metro e 66 centimetri per sessanta chili di beltà, il vantaggio legato all’appartenenza di una città al confine con la Jugoslavia divenuta “territorio libero” e l’avallo politico di un’Italia tutta da ricostruire.
Hemingway era sbarcato il giorno prima a Genova e scelse di recarsi proprio lì, per un viaggio amarcord tra le stanze del Des Iles Borromées, dove aveva ambientato alcune delle pagine di “Addio alle armi”, ispirato alla sua esperienza di militare in Italia. Fu lui che la sera prima della finale del Concorso, decise di scommettere sulla bolognese Ornella Zamperetti, poi arrivata seconda tra polemiche, querelle giudiziarie e intentate richieste d’indennizzo.
Nella sala da biliardo del suo hotel, tra superalcolici e partite di carambola, dopo aver scommesso ai microfoni dei giornalisti, proprio col fratello dell’aspirante Miss Italia lo scrittore nordamericano mise in gioco la sua stecca da biliardo, quella che lo aveva accompagnato lungo tutta la sua giovinezza, puntando però tutto sulla scelta perdente. Accadimento citato anche tra le pagine del libro di Andrea Di Robilant: “Autunno a Venezia. Hemingway e l’ultima musa” (Corbaccio editore).
Ed è proprio quella stecca – con la dedica “… al mio giovane amico Arnaldo, in onore della sua bellissima sorella Ornelia” – che verrà battuta all’asta da Art La Rosa nel mese di dicembre. La Casa d’Aste siciliana (Catania), che oggi si rivolge soprattutto ai mercati americani e cinesi, ha acquisito il prezioso oggetto dalla famiglia Zamperetti, che lo ha a sua volta ereditato.
«Mio padre, Arnaldo Zamperetti, aveva accompagnato la sorella Ornella a Stresa per il concorso, di nascosto dai genitori che erano completamente all’oscuro della partecipazione della figlia – racconta Aldo Zamperetti- Hemingway passò la notte tra la tavola da biliardo e il bar dell’hotel Des Iles Borromées, dove alloggiava anche mio padre. E quella notte, il famoso scrittore e il giovane farmacista bolognese strinsero amicizia, tra fiumi di alcool, racconti di guerra e partite al biliardo. Mio padre, reduce da pochi anni dai campi di battaglia nordafricani di El Alamein e Casserine e da una ritirata nel deserto di tremila chilometri in compagnia di una tribù di donne Tuareg, aveva molto da raccontare all’autore di “Addio alle armi”. Hemingway era certo della vittoria della bolognese, ma mio padre era convinto al contrario della sconfitta, in quanto l’avversaria sul campo Fulvia Franco era triestina e c’erano tutti i motivi politici per favorire lei. Così quella notte fu messa in palio la stecca da biliardo di Hemingway contro la forte cifra per i preziosi alcolici trangugiati dai due sino al mattino. Vinse la triestina e l’inseparabile stecca dello scrittore famoso passò al giovane farmacista bolognese. Un regalo importante, accompagnato da un mazzo di rose, fu fatto recapitare da Hemingway a Ornella».