La Procura di Milano ha aperto una inchiesta sulla commessa dei camici che sarebbe stata affidata dalla Regione alla ditta riconducibile alla moglie (che detiene una quota) e al cognato di Attilio Fontana. La notizia è stata anticipata da Repubblica citando fonti investigative. Un fascicolo che ha visto l’iscrizione sul registro degli indagati del cognato del governatore Fontana.
Secondo gli inquirenti l’offerta di camici per il valore di 513.000 euro non sarebbe stata una donazione. E La Repubblica aggiunge come gli inquirenti starebbero valutando un ruolo attivo da parte del governatore Fontana: avrebbe fatto modificare il contratto per favorire una società legata alla moglie.
Gli inquirenti, stando a quanto riferito dai media, starebbero valutando anche la posizione e il ruolo del governatore Attilio Fontana. Il Presidente della Regione Lombardia ha sempre fatto sapere di essere estraneo alla vicenda. Anzi, ha sempre sostenuto che la vicenda non esiste in quanto si parlerebbe di una donazione in un momento dell’emergenza coronavirus nel quale si cercavano mascherine ovunque. Il problema è legato al fatto che secondo le ipotesi investigative non si sarebbe trattato di una donazione.
Stando a quanto riferito da la Repubblica, la Procura starebbe valutando l’ipotesi di procedere con il contestare anche il reato di frode in pubbliche forniture. Questo perché sembra che la consegna dell’ordine non sarà portata a termine.
Secondo gli ultimi aggiornamenti, la moglie di Attilio Fontana non sarebbe coinvolta nella vicenda. Accertamenti in corso invece sul ruolo del Presidente della Regione Lombardia.
L’indagine della Procura di Milano è partita dopo l’inchiesta giornalistica di ‘Report’ anticipata da ‘Il Fatto Quotidiano’. Approfondimenti che hanno interessato una donazione di camici per un valore di 513mila euro fatta alla Regione Lombardia della società Dama, riconducibile alla moglie e al cognato di Fontana, avvenuta in piena pandemia.
Le forze di maggioranza chiedono al governatore Fontana di riferire in Aula “sulle notizie di stampa attinenti alle forniture di dispotivi medici e del possibile conflitto di interessi“. “I sottoscritti Consiglieri regionali – si legge nella missiva citata da Repubblica e firmata da Fabio Pizzul (Pd), Andrea Fiasconaro (M5s), Niccolò Carretta (Azione), Patria Baffi (Italia Viva) e Michele Usuelli (+Europa) – chiedono che il Presidente della Giunta regionale voglia riferire all’Aula sull’effettivo svolgimento dei fatti e ci auguriamo fugare ogni ombra di dubbio. E puntualizzare eventuali errori o inadempienze intervenuti nel corso dei fatti in oggetto“.
Fontana: “Ho dato mandato a miei legali di diffidare immediatamente la trasmissione ‘Report’ dal trasmettere servizio”
“Agli inviati della trasmissione televisiva ‘Report’ avevo già spiegato per iscritto che non sapevo nulla della procedura attivata da ARIA SpA e che non sono mai intervenuto in alcun modo. Oggi il titolo di prima pagina del ‘Fatto’ e il testo mettono in connessione la ditta fornitrice con la mia persona attraverso la partecipazione azionaria (10%) di mia moglie e invocano un conflitto di interesse peraltro totalmente inesistente, proprio perché non vi è stato da parte mia alcun intervento. Il testo del ‘Fatto, in maniera consapevole e capziosa omette di dire chiaramente che la Regione Lombardia attraverso la stazione appaltante ARIA SpA non ha eseguito nessun pagamento per quei camici. L’intera fornitura è stata erogata dall’azienda a titolo gratuito. Ho anche dato mandato a miei legali di diffidare immediatamente la trasmissione ‘Report’ dal trasmettere un servizio che non chiarisca in maniera inequivocabile come si sono svolti i fatti e la mia totale estraneità alla vicenda”.