A grandi passi verso un nuovo centralismo, sorretto dal decisionismo del Premier.
Il potere è più che mai tornato a Roma, nelle periferie sono rimaste le tasse locali che tormentano la vita degli italiani. Il discredito dell’ente regione ha raggiunto l’apice, tant’è che molti candidati propongono di abolire le Regioni ed addirittura Michele Emiliano, candidato per il Pd in Puglia in uno dei suoi tanti slogan promette di fare “il sindaco di Puglia”. Non contano più nemmeno i partiti. Gli elettori sulle schede si troveranno una miriadi di sigle, spesso di difficile interpretazione. Ma anche le sigle dei partiti tradizionali sono diventate una sorta di centri di accoglienza per transfughi, che senza pensarci su due volte, sono pronti a salire sul carro del probabile vincitore, alla faccia delle ideologie. Prova né è di quanto detto, che Gian Maria Spacca, governatore uscente delle Marche ed eletto dal centrosinistra, non ha avuto esitazione alcuna a passare nelle file del centrodestra che gli ha promesso la rielezione. Per non parlare poi, di quanto avviene in Campania nelle liste collegate al candidato Pd, il tanto chiacchierato De Luca, dove sono confluiti candidati nostalgici del fascismo, con la tesi che il sindaco di Salerno è un vero uomo di destra. L’Italia è un paese che non finisce mai di stupire e gli stranieri rimangono allibiti difronte a certe affermazioni. Nell’editoriale della scorsa settimana, spiegavamo come la fine del bipolarismo stia facendo ripiombare l’Italia verso il centralismo post risorgimentale con la sua naturale conseguenza: il trasformismo. Resta da capire se le prossime regionali, saranno il banco di prova delle elezioni politiche che dovranno dar vita alla Terza Repubblica. Ovvero, se Renzi confortato da un eventuale quanto probabile successo elettorale, decida di cogliere al volo l’occasione ed andare anticipatamente alle urne, con il nuovo sistema elettorale, al secolo l’ Italicum, e dar vita ad un nuovo Parlamento che possa eleggere un governo fatto a sua immagine e somiglianza. E’ assai improbabile che il voto in sette regioni non abbia delle conseguenze sulla vita politica nazionale e sulle scelte future. Non dimentichiamo che le regionali del 2000, dove il centrosinistra subi una sonora sconfitta, decretarono di fatto le dimissioni del governo D’Alema e la nascita di un governo Amato che guidò il Paese fino alle politiche del 2001, che vide la vittoria di Berlusconi. Quindi le prossime regionali potrebbero costituire per Renzi il trampolino di lancio per una nuova legislatura.