Sta avendo una grande eco in questi giorni l’inchiesta sui concorsi truccati all’università dove la procura di Firenze ha individuato una sorta di ‘cupola’ che decideva carriere e futuro dei professori italiani.
Pare che in Italia si trucchino i concorsi, anche quelli a cattedra. Sembra che per vincerli, i concorsi, basti essere amico, sodale, parente e non necessariamente bravo e preparato.
Il problema dei concorsi truccati in Italia non può che partire dall’alto ed è necessario prendere atto che la giustizia amministrativa non è in grado di assicurare nemmeno la regolarità dei concorsi al proprio interno.
Ricordiamo che il sistema giuridico italiano prevede due distinti piani su cui operare: quello amministrativo e quello penale. Di quest’ultimo ogni tanto si ha notizia, nei rari casi in cui si riesce a scoperchiare il marcio che si cela dietro ai concorsi pubblici italiani. Di quello relativo alla giustizia amministrativa si parla invece molto meno.
Gli avrebbero chiesto di ritirarsi da uno dei concorsi perché avrebbe dovuto vincere qualcun altro e Laroma, invece di chinare la testa, s’è messo a registrare tutti i colloqui con i membri della commissione.
In realtà il ricercatore ha denunciato l’Italia intera il cui tratto più profondo è ‘da sempre’ la raccomandazione, la segnalazione. L’Italia è fondata su questo. Non sul lavoro, come dice nell’articolo 1 della Costituzione. Il lavoro, non essendoci sempre e per tutti, lo si dà per l’appunto all’amico, al parente. È fondata sulla ricerca continua della persona giusta, l’Italia. Quella che t’aiuta coi concorsi e ti sistema. Che ti garantisce tranquillità e futuro. Una attività primaria alla quale l’intero nucleo familiare partecipa.
Qualche anno fa la giornalista Cristina Zagaria ha pubblicato per le Edizioni Dedalo un libro che racconta di quale fattura sia la mediocrità di certa università italiana. Il libro si intitola ‘Processo all’università – Cronache dagli atenei italiani tra inefficienze e malcostume’. La premessa è una efficace sintesi di una realtà che assomiglia sempre più a una patologia: ‘Professori che si tramandano le cattedre come fossero un’eredità di famiglia’, scrive Cristina Zagaria, come se l’istituzione fosse una cosa propria. Concorsi truccati, commissioni pilotate, nepotismo, ingiustizie, corse al potere. È questa l’università di ‘cosa nostra’, che genera docenti tanto corrotti, quanto inefficienti, e studenti che un giorno, imparata bene la ‘lezione’, saranno i loro replicanti’. E ancora: ‘La ‘spintarella’ è diventata il sistema di selezione più diffuso e in alcuni casi, sempre più frequenti, è arrivato ad assumere veri e propri caratteri mafiosi’.
‘Philip Laroma Jezzi, cioè colui che ha denunciato il caso da cui è partita l’inchiesta della procura di Firenze, lo stiamo cercando. Io considero la sua scelta di grandissimo esempio etico e civile di questo Paese che andrebbe seguito da altri, se ovviamente hanno gli elementi’, ha detto oggi a Firenze, parlando con i cronisti a margine di Didacta, il ministro per l’istruzione Valeria Fedeli riguardo all’inchiesta sui concorsi truccati all’università: ‘Serve dare riconoscimento a chi sceglie individualmente di esprimere coraggio e senso civico e lo farò anche con lui’.
Naomi Sally Santangelo