Confindustria: “Banche europee in difficoltà, subito unione Eurolandia”

Aria di crisi per le banche europee che, secondo il giudizio di Confindustria, “attraversano un momento di forte difficoltà”. “Nell’insieme, il sistema ha crepe che rischiano di ampliarsi sempre più man mano che la crisi della moneta unica si acuisce”. Per questo, “è urgente varare, più velocemente di quanto deciso a fine giugno, l’unione bancaria di Eurolandia”. E’ quanto si legge in una nota del Csc di Confindustria, firmata da Ciro Rapacciuolo.

A causare la crisi delle banche dei Piigs, spiega il Csc, “la perdita di valore dei titoli pubblici in portafoglio, della riduzione della raccolta mediante i depositi, della frammentazione del mercato interbancario dell’Eurozona, a cui non hanno più accesso, dello scarso e costoso ricorso al mercato finanziario per l’emissione di obbligazioni, delle perdite sui prestiti provocate dalla recessione e degli obblighi regolamentari imposti dalle nuove normative internazionali di aumentare i ratio patrimoniali”. Perciò “faticano a finanziare il sistema economico”.

Unica nota positiva, l’ intervento straordinario della Bce, che lanciando il salvagente del doppio rifinanziamento a tre anni, “ha evitato che il violento credit crunch in atto proseguisse e diventasse rotta del credito. Ma in molti casi non basta più”. All’opposto, le banche dei paesi core di Eurolandia “sono inondate di capitali in cerca di porti sicuri, che ne accrescono i depositi e ne facilitano la raccolta sui mercati globali con costi ai minimi storici. Al contempo, depositano la liquidità in eccesso presso la Bce, hanno ratio di capitale superiori a quanto richiesto da Basilea 3 ed Eba e quindi possono erogare credito abbondante e a tassi bassissimi al settore privato dei loro paesi. Ma continuano ad adottare modelli di business piu’ rischiosi, come mostra la loro leva, il rapporto tra attivo e capitale, che è molto più elevata di quella degli istituti dei paesi periferici”. Il deleveraging delle banche quindi “proseguirà”. La soluzione è quella di “ricapitalizzare rapidamente gli istituti in affanno. Ma per salvare le banche spagnole il Governo di Madrid è stato costretto a chiedere l’aiuto europeo: è stato varato un piano UE da 100 miliardi, tali fondi però non sembrano essere sufficienti e non hanno convinto i mercati, anche perché accrescono il debito pubblico iberico”. Perciò “è urgente varare, più velocemente di quanto deciso a fine giugno, l’unione bancaria di Eurolandia, con messa in comune di vigilanza e rischi e ricapitalizzazione diretta degli istituti da parte dei fondi EFSF-ESM. Infine, acquisti massicci di titoli pubblici, attraverso lo scudo anti spread, sosterrebbero i bilanci delle banche”.

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