Il Centro studi di Confindustria stima una crescita del Pil 2022 tagliata a +1,9% “con un’ampia revisione al ribasso (-2,2 punti)”. Il ritorno a livelli pre-Covid “slitta dal secondo trimestre di quest’anno al primo del prossimo”. Nello scenario di previsione “nella prima metà del 2022, quando si dispiegheranno pienamente gli effetti negativi della guerra, l’economia italiana” entrerebbe – spiega- “in una ‘recessione tecnica’ con un calo di -0,2% e di -0,5% nei primi due trimestri”. La previsione per il 2023 è per una crescita del Pil del +1,6% dopo una previsione di crescita del 2022 vista in calo al +1,9%”.
A fronte di questi numeri spaventosi, il ministro dell’Economia Daniele Franco parlando al workshop ‘Lo scenario dell’economia e della finanza’ organizzato dal Forum Ambrosetti a Cernobbio ha spiegato: nel Def atteso la prossima settimana in consiglio dei ministri ci sarà una “previsione cauta sul Pil, perché c’è grandissima incertezza. Come l’anno scorso è meglio essere smentiti per essere stati pessimisti, piuttosto che troppo ottimisti”.
La guerra ha solo «accelerato il processo». Perché il rallentamento dell’economia italiana era già in atto da mesi, senza che il governo se ne preoccupasse. Eppure, ricorda il presidente di Confindustria Carlo Bonomi, gli industriali avevano lanciato l’allarme. E ora il rischio è che sia troppo tardi, con la chiusura di migliaia di aziende e «una stagnazione che, senza interventi strutturali, può diventare recessione».
«Molti dicono che stiamo rallentando per colpa della guerra. Ma già a novembre Confindustria faceva notare come la produzione industriale stesse rallentando, la guerra ha solo accelerato il processo», ha detto Bonomi in un’intervista al Messaggero. «Da mesi – ha aggiunto – sollecitavamo i provvedimenti necessari a sostenere il forte rimbalzo dello scorso anno, perché solo di rimbalzo si è trattato, per assicurare negli anni a venire una crescita intorno al 4% per far fronte all’enorme debito pubblico». Ma «quasi nulla finora è stato fatto». E «adesso il rischio è di una stagnazione che, senza interventi strutturali, può diventare recessione».
Il presidente di Confindustria ha chiarito che «siamo ostaggi non solo di strozzature nella fornitura di materie prime, prezzi energetici alle stelle, rincari generalizzati, ma anche di decisioni bloccate dalla burocrazia». «Già a fine dicembre – ha ricordato – erano iniziate le avvisaglie di questa inerzia. E quando a maggio 2020 chiedemmo al governo di allora quale fosse il nuovo piano energetico, la risposta fu che non ne avevamo bisogno». Per Bonomi è necessario «cambiare il mix energetico», ma «in 5 giorni il governo ha cambiato tre versioni sull’impatto del gas russo». «Già l’anno scorso ci dicevano che gli aumenti di prezzo erano transitori e che con l’estate i prezzi dell’energia sarebbero calati. Lo leggo anche adesso. È tempo di imparare dagli errori del passato», ha avvertito Bonomi, ricordando che «nel 2014, dopo la guerra di Crimea, la Ue chiedeva ai partner di diminuire drasticamente l’import di gas russo: l’Italia l’ha raddoppiato».
Confindustria chiede al governo ‘gesti coraggiosi e a Draghi di fare Draghi. «È stato proprio lui che in tempi non sospetti ha parlato di debito buono e debito cattivo, questo – ha rilevato Bonomi – è il momento di calare sul terreno quegli inviti al ricorso al debito buono che tutti abbiamo condiviso».