Green Pass obbligatorio sul luogo di lavoro. È la proposta al Governo su cui starebbe lavorando Confindustria in base ad una email della direttrice generale dell’Associazione, Francesca Mariotti, inviata ai direttori del sistema industriale pubblicata dal quotidiano Il Tempo.
La posizione mette in luce la forte preoccupazione di Confindustria per una nuova ondata di contagi che potrebbe costringere molte attività produttive a nuove chiusure, quindi a interruzioni della produzioni e nuova cassa integrazione.
E che, di fatto, punta a stabilire il principio dell’ingresso consentito in azienda esclusivamente a chi può dimostrare, attraverso il green pass, di essersi sottoposto alla doppia vaccinazione anti-Covid.
Mentre, per chi scegliesse di non sottoporsi ai criteri dell’immunizzazione, il datore di lavoro potrebbe ricorrere a due soluzioni possibili: o trovare un’altra mansione. Oppure, laddove non fosse attuabile questa prima ipotesi, lasciare il dipendente a casa senza stipendio. Un provvedimento che sta facendo discutere, spiegato da Confindustria con il fatto che: «Nonostante la campagna vaccinale abbia registrato finora un buon andamento, numerose imprese associate hanno segnalato la presenza di percentuali consistenti di lavoratori che scelgono liberamente di non sottoporsi alla vaccinazione anti-Covid 19. Esponendo di fatto a un maggior rischio di contrarre il virus se stessi. E la pluralità di soggetti con cui, direttamente o indirettamente entrano, in contatto. Condividendo in maniera continuativa gli ambienti di lavoro’.
Non va mai dimenticato che i lavoratori sono cittadini e hanno i diritti e i doveri di tutti i cittadini
La risposta di Landini (Cgil): «Spero sia il caldo» «Spero che sia il caldo», ha commentato ironicamente il segretario della Cgil, Maurizio Landini, alla proposta del green pass obbligatorio nei luoghi di lavoro.
Sulla questione è stata sollevata la questione della privacy: il vaccino contro il coronavirus, a meno che non si parli delle professioni sanitarie, non è obbligatorio nel nostro Paese e quindi così facendo l’azienda andrebbe a richiedere un’informazione, quella sull’esecuzione o meno del vaccino, che non le è data sapere. Altri, invece, ritengono che sospendere un lavoratore non vaccinato per tutelare la salute degli altri dipendenti sia nelle facoltà del datore di lavoro. Insomma, se da un lato nessuno può essere obbligato a un trattamento sanitario se non lo dispone la legge (come ribadisce l’articolo 32 della Costituzione italiana), ma dall’altro l’articolo 2087 del Codice civile afferma anche che l’azienda sia obbligata ad adottare tutte le misure necessarie per assicurare l’integrità fisica dei suoi dipendenti.