Conflitto di interessi per Maria Elena Boschi. Il caso non è chiuso

I commenti nei confronti di Maria Elena Boschi si sprecano, e sono per la maggior parte ricchissimi di complimenti e lusinghe, ma ci sono dei punti oscuri che il ministro per le Riforme non ha chiarito in Aula e al paese. Omissioni, volute o no, che non sono state chiarite dal ministro e che non trovano risposte chiare per i risparmiatori che al momento non si trovano un euro in tasca. Il canovaccio sentimentale della bella favola di provincia lascia aperti molti nodi. Nodi  che riguardano i rapporti tra un ministro in carica e le operazioni che coinvolgono la banca dove lavorava suo padre. Ad esempio, la Boschi, ricorda che tutte le azioni avute dalla famiglia, per poche migliaia di euro, sono diventate carta straccia. Sarebbe stato, invece,  più interessante conoscere le modifiche azionarie che hanno coinvolto lei, e i suoi familiari fino al secondo grado, in base alla legge sul conflitto di interessi, da quando lei è diventata ministro. E sarebbe stato più interessante sapere, oltre alle azioni citate, quanti fidi, mutui e prestiti aveva complessivamente la famiglia Boschi, e se li aveva. Perché, come ricorda Gian Maria De Francesco sul Giornale, non ha detto nulla in merito a operazioni con parti correlate, cioè debiti e soprattutto crediti di Etruria con gli amministratori, loro parenti e società collegate, eccezion fatta per il ‘mutuo ipotecario concesso al fratello’ di cui non è stato reso noto l’importo. Sarebbe stato interessante saperlo poiché il salvataggio della banca ha evitato la liquidazione che avrebbe imposto il rientro dei fidi. E questo sarebbe stato conflitto di interessi. Per diventare vicepresidente di una Banca popolare di solito si deve avere una certa rilevanza azionaria. In questa storia sarebbe invece stato promosso a vicepresidente un signore con poche migliaia di euro di azioni,  e tre mesi dopo che la figlia è entrata a palazzo Chigi,  e sarebbe bene sarebbe chiarire chi ha inserito nel decreto un comma che rende complicato agire nei confronti dei vertici dell’istituto di credito, e quindi nei confronti anche di suo padre. Inoltre, il padre della Boschi è entrato nel cda della banca non nel 2014 ma nel 2011. Come dimostrato da alcuni documenti pubblicati da Libero, la Boschi è intervenuta sulla stesura del decreto e non si è fatta   da parte,  e non ha chiarito se era presente o meno nei Cdm che hanno varato i decreti sulle banche. La Boschi ha partecipato al Consiglio del 10 settembre, quello che ha incardinato i decreti legislativi di ricezione della direttiva europea sul bail-in, che inasprito le condizioni per avviare l’azione di responsabilità per gli amministratori di banche in risoluzione. Non ha chiarito, poi, il motivo che la ha fatta partecipare alla conferenza dei capigruppo finalizzata a calendarizzare alla Camera il decreto popolari. E non ha chiarito il motivo che ha fatto passare dal ddl al decreto d’urgenza sul ‘Salva Banche’. È normale, forse, che il ministero dell’Economia e il governo non fossero al corrente del dissesto economico in cui versava Banca Etruria, sebbene il decreto Salva Banche sia stato varato 18 giorni prima del suo commissariamento? La Boschi, non ha detto nulla sul procuratore di Arezzo Roberto Rossi, consulente del governo e titolare dell’inchiesta su banca Etruria, e non ha detto nulla su Giuseppe Fanfani, membro del Csm che ha autorizzato l’incarico del procuratore Rossi, nonché titolare ad Arezzo dello studio che da sempre difende Banca Etruria. Dubbi e domande che attendono risposte chiare.

Cocis

 

Circa Roberto Cristiano

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