Considerazioni su ‘Caffettiera blu’ di Caryl Churchill andata in scena a Roma presso l’Angelo Mai

Riceviamo, e volentieri pubblichiamo, da Roberto Staglinò le sue considerazioni ‘Caffettiera blu’ andato in scena a Roma presso l’Angelo Mai.

 

È andato in scena dal 7 al 10 dicembre a Roma presso l’Angelo Mai in via delle Terme di Caracalla 55, ‘Caffettiera Blu’ di Caryl Churchill, tradotto da Laura Caretti e  Margaret  Rose. Uno produzione di Bluemotion in collaborazione con 369 gradi. Giorgina Pi ha curato la regia dello spettacolo interpretato da Sylvia De Fanti, Gian Marco Di Lecce, Mauro Milone, Laura Pizzirani, Federica Santoro, Giulia Weber, voce fuori campo Marco  Cavalcoli .

Caffettiera blu può essere tante cose insieme. Al virtuosismo tecnico di una regia asciutta e precisa, si abbina la capacità interpretativa densa degli attori con il ritmo serrato del testo.  È anche un quadro di anarchia domestica che restituisce tanti frammenti di immagini deformate: ci sono i sentimenti macchiati di ‘blu inganno’, il rischio calcolato di una bugia manipolativa di cui si perde gradualmente il controllo   C’è del buffo realismo, un’inventiva a tratti cinematografica, un racconto fitto in cui eventi banali si trasformano in un delizioso teatro dell’assurdo. E comunque, alla fine, non è completamente nessuna o una soltanto di tutte queste cose perché ‘Caffettiera blu’ è un’opera che tende a sovvertire e a scardinare i meccanismi teatrali.

Caryl Churchill è l’autrice di  Blue Heart opera in due atti, L’amore del cuore e Caffettiera blu, che è stata presentata in prima mondiale al Festival di Edimburgo del 1997 Lei è stata ed è la maggiore esponente della drammaturgia inglese che ha scritto per teatro, radio e televisione. E’ autrice di più di trenta testi rappresentati nei più importanti teatri in Inghilterra e in America prendendo in analisi temi come il femminismo, la sessualità, il potere e la critica al capitalismo.

In ‘Caffettiera blu’ la Churchill trascina in un’esperienza ipnotica con i suoi scioglilingua e i giochi di parole, in questo senso lei è una sperimentatrice non tanto una ‘killer del linguaggio teatrale’. Vero è che l’importanza del testo è subordinata all’azione degli attori. Non si può negare tuttavia che buona parte delle undici scene è sostenuta da dialoghi e battute costituite da convenzioni linguistiche che solo gradualmente e lentamente vengono sostituite dai due termini ‘caffettiera’ e ‘blu’, declinati all’inverosimile e in modo parossistico in molteplici categorie grammaticali.

Gli spettatori sono disposti nello spazio scenico a forma di quadrato, attorno al tavolo di una stanza semibuia, con un’atmosfera vagamente cupa così come deve essere per rappresentare le dinamiche di una riunione di genitori e figli. Derek (Mauro Milone), 40 anni, è il figlio biologico perduto di quattro donne diverse: non esiste alcuna sicurezza se sia guidato da motivi mercenari o bisogni psicologici, ma l’originalità sta nella combinazione di una tecnica sperimentale con la visione della fragilità della vita familiare. Il disfacimento della forma linguistica non muta però i principi su cui si fonda la relazione umana anche quando la comunicazione vira verso l’assurdo.  Derek ha una potenza gelida e asettica nello sguardo, nella mimica facciale, a metà tra il capo dei Drughi e il signor Foster nel suo giorno di ordinaria follia. Subdolo si finge il figlio abbandonato con il medesimo copione: un imprevisto-peccato di gioventù, l’abbandono e alla fine il ritrovamento. Le  diverse madri gli credono. Derek ascolta, sorride, cavalca, manipola i loro segreti, le loro insoddisfazioni, i loro sensi di colpa e i loro rimpianti.  L’inganno aumenta fino a quando Enid (Laura Pizzirani), la fidanzata di Derek, diventata sempre più restia e contraria metterà in atto la sua scelta.

Regia e attori sono decisamente bravi nel lavoro di diminuzione dei significati del testo e nel celebrare l’assurdità linguistica, lo spazio che intercorre tra l’azione, il comportamento e la parola e che viene svuotato in sottrazione. La capacità degli attori è straordinaria alle prese con l’ardua prova di rendere naturale e intensa ogni sfumatura dei loro personaggi con la mimica e i gesti, il tono della voce e gli sguardi. Con un linguaggio sempre più ridotto continueranno ad agire e ad essere sopraffatti dalle loro vicende. ‘Caffettiera bl è un inganno dove la logica degli eventi si manifesta con un fragore comico, drammatico, filosofico, simbolico, assurdo.  È la metafora della vita che vuole disperatamente ritornare al suo inizio.

Roberto Staglianò

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