Consulta bloccata per veti ed interessi di partito

‘Per l’elezione del giudice della Consulta “qui non si rappresentano le aree, qui si presentano dei curricula. All’interno di quei curricula è corretto che la maggioranza faccia una sua proposta. Il diritto di proposta lo abbiamo ancora o lo deve decidere l’opposizione? Detto questo non c’è alcun conflitto di interessi. Oltretutto non mi pare che in passato si siano poste delle criticità su profili come quello dell’esimio professor Augusto Barbera, parlamentare per diverse legislature e ministro, o su quello dell’esimio professore Giuliano Amato, che è stato anche presidente del Consiglio’, a dirlo il presidente del gruppo parlamentare di Fratelli d’Italia alla Camera, Tommaso Foti, in un’intervista al Corriere della Sera.

“Con la mancata partecipazione dell’opposizione era chiaro fin dall’inizio che sarebbe stata una fumata nera, la maggioranza non ha i tre quinti, il problema è capire se si vuole eleggere il giudice della corte o tenere un organo monco”, aggiunge. Quanto all’opposizione che parla di “blitz” Foti risponde: “Ma quale blitz? Hanno visto troppi film dell’orrore. Hanno visto troppi gialli e gli è mancato qualche frammento. È lo spirito della Costituzione a bloccare la Consulta? Nel passato Francesco Cossiga avvertì il Parlamento che se non avesse eletto i giudici costituzionali avrebbe sciolto il Parlamento. Lo stesso presidente Mattarella in occasione della cerimonia del Ventaglio ha detto chiaramente di eleggere subito il giudice mancante”.

Parlando della scelta del giudice della Corte Costituzionale da parte del Parlamento, il responsabile organizzazione di FdI ha chiarito: “Noi andiamo avanti pensando al bene dell’Italia, con la consapevolezza che per le quote che spettano alla maggioranza non ci facciamo dire chi dobbiamo scegliere, come non mettiamo bocca in quello che spetta all’opposizione. La follia del chi nominate voi deve pensarla come noi no”.

Per Donzelli, la mancata elezione del giudice costituzionale da parte del Parlamento “è una occasione persa, l’ennesima. Nonostante l’appello del presidente della Repubblica. Noi andiamo avanti nella convinzione che le opposizioni non sono in grado di dialogare e non lo sono perché non hanno individuato un nome unico, sono costretti a non votare, a mancare a un dovere costituzionale importante”. Lo ha detto Giovanni Donzelli a Agorà. “Chi proponiamo sono persone di altissimo livello, sono costretti a non entrare in aula per non fare brutta figura. E’ un brutto momento per le istituzioni per colpa delle opposizioni che sono a fare i giochetti”,

Fratelli d’Italia fa sapere agli alleati di voler insistere: non c’è nessun motivo per scaricare la candidatura di Francesco Saverio Marini, il costituzionalista che ha scritto la riforma del premierato può restare ancora in campo. La premier non vuole lasciare che passi un’immagine di debolezza. Reagisce indurendo d’orgoglio la sua posizione, ma i parlamentari hanno accusato il colpo. In FdI crescono i sospetti sui movimenti degli alleati.

Da Forza Italia si sottolineano gli errori strategici di Meloni, con una convocazione troppo plateale delle sue truppe che ha provocato la reazione unitaria delle opposizioni. Fratelli d’Italia è seccata con la Lega per le troppe assenze (12) e anche per il fatto che, a differenza loro e degli alleati di Forza Italia, non ha imposto alle sue truppe l’obbligo di presenza in Aula per il voto. E per prima, poi, ha fatto trapelare la decisione di votare scheda bianca, segnando la resa di Meloni. «Non aspettavano altro».

Dopo lunghe consultazioni tra alleati, si è arrivati a concordare una strategia provvisoria: andare avanti a oltranza con le votazioni, senza cambiare nome su cui puntare. Il calendario andrà fissato con i presidenti delle Camere, ma l’idea è quella di ricominciare a convocare deputati e senatori.

Non si partirà immediatamente, la prossima settimana infatti alcune circostanze sconsigliano l’accelerazione: Meloni mercoledì è attesa al Senato e alla Camera per le comunicazioni in vista del Consiglio europeo. Si potrebbe in teoria votare il martedì, ma non sarebbe l’ideale al dibattito del giorno seguente con un’altra sconfitta parlamentare. Così, la data andrà cercata a partire dal 22 ottobre. L’insistenza viene giustificata ufficialmente con la pubblica pressione di Sergio Mattarella che chiede da tempo di superare questa impasse. C’è però anche tattica. L’obiettivo a questo punto è logorare l’Aventino delle opposizioni. Anche per tutta la giornata di ieri si sono rincorse le voci, alimentate e confermate da diverse fonti di Fratelli d’Italia, di un patto segreto con il Movimento 5 Stelle. I parlamentari di Giuseppe Conte, secondo questa ricostruzione, nei giorni scorsi si sarebbero mostrati aperti alla possibilità di fornire i voti che mancano alla maggioranza per raggiungere il quorum. Teorie smentite da Giuseppe Conte in Transatlantico. Altre voci hanno riguardato i parlamentare centristi. E ai piani alti del governo c’è stato un confronto anche con due parlamentari di Svp, Dieter Steger e Meinhard Durnwalder. Matteo Renzi lo ha detto apertamente: «Denuncio la scorrettezza istituzionale di Meloni che ha fatto campagna acquisti nell’opposizione e ha provato ad avere la maggioranza qualificata, prevista dalla Costituzione, senza accordo».

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