Il premier Giuseppe Conte e’ stato chiaro nelle sue comunicazioni al Senato. Ora tocca alle forze politiche portare rapidamente e con chiarezza al Quirinale le proprie determinazioni sull’interruzione della legislatura. O, viceversa, sulla volonta’ di tentare la strada di un nuovo governo. La strada e’ stretta e i tempi compressi. Difficile che questa volta il presidente possa concedere la carta degli incarichi esplorativi. Dopo le dimissioni del presidente del Consiglio domani partono le prime consultazioni. Si svolgeranno in due giorni con i big chiamati a salire al Colle nella giornata di giovedi’. Nell’assoluto riserbo del Quirinale di queste ore si possono identificare alcune certezze: Sergio Mattarella accetta le dimissioni di Conte pregandolo di rimanere per gli affari correnti. Verifichera’ in fretta se tra le forze parlamentari e’ maggioritario il partito del ritorno al voto o del non voto. Immediatamente dopo il capo dello Stato chiedera’ alle principali forze politiche se sono disponibili (portando nero su bianco una maggioranza parlamentare) a tentare un nuovo governo.
Quindi sara’ essenziale che i partiti (ovviamente si parla del Pd e dei Cinque stelle) esprimano il nome di un premier da incaricare per dare corp all’accordo. E’ impensabile che Mattarella possa concedere i quasi tre mesi del 2018 per far lievitare una intesa. Al di la’ della legge di Bilancio che grava sul timing, le condizioni di questa fase politica sono molto diverse da quelle della primavera 2018. Allora si trattava di costruire un governo sulla spinta delle elezioni. Oggi si affronta una crisi agostana di un esecutivo che aveva un’ampia maggioranza parlamentare e che e’ caduto per la determinazione di una delle due forze dell’alleanza. Chiarezza e rigore, quindi. Mattarella da sempre ha fatto sapere che il presidente della Repubblica non costruisce maggioranze e tantomeno esegue operazioni di sartoria per cucire insieme forze politiche che si respingono. Da domani chiedera’, incalzera’, e ascoltera’ quanti saliranno allo studio “alla vetrata”. Se Pd e M5s gli confermeranno che vogliono tentare il matrimonio dovranno a stretto giro di posta indicargli un nome che abbia chance di dare vita all’accordo. Poi, certo, Mattarella non neghera’ tempo a chi mostra rigore e chiarezza. Ma sullo sfondo restano, visibili, le elezioni. Gia’ a novembre o a inizio 2020. Naturalmente se il candidato premier dovesse fallire l’operazione di un governo giallo-rosso il presidente formerebbe un governo di garanzia per guidare il Paese al voto. Non sara’ il governo giallo-verde a gestire la delicatissima fase elettorale.