Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte lavora al discorso programmatico in vista dell’appuntamento odierno per la fiducia alle Camere. Oggi a Montecitorio e domani al Senato. Ripercorriamo, in linea di massima, posizioni e aspirazioni del Conte bis.
Ai grillini non sembra vero aver evitato una prova elettorale che li avrebbe dimezzati; al Pd sembra un sogno aver rovesciato rapporti di forza che sembravano inattaccabili e che minacciavano di tagliarli fuori dal governo per un decennio. La lista dei ministri riserva poche sorprese e rivela una precisione quasi millimetrica negli equilibri tra partiti, correnti interne, uomini e donne, persino filiere d’amicizia personali.
L’unico fuor d’opera sembra la chiamata di Luigi Di Maio agli Esteri: le posizioni grilline sulla scena internazionale hanno determinato finora una catena di gaffe e incidenti senza precedenti, culminate sei mesi fa col ritiro dell’ambasciatore francese dopo l’incontro tra una delegazione del Movimento e i Gilet Gialli che avevano appena sfasciato Parigi. E tuttavia il nuovo corso del premier Giuseppe Conte, con il vasto consenso già ricevuto dalle cancellerie europee e da oltreoceano, fa immaginare che le esuberanze movimentiste di Di Maio siano state seppellite in cantina e che lì resteranno per tutta la durata della legislatura.
Tutto è riassumibile in una parola: discontinuità. Se ce n’è una moderata dose negli uomini, dovrà necessariamente essercene nelle cose. Non sarà facile, e non soltanto sui terreni tanto attenzionati dell’immigrazione e delle misure economiche, dove si potrà agire bordeggiando almeno per un po’. Fra le novità dell’esecutivo, ad esempio, c’è il ritorno del ministero delle Pari Opportunità guidato dalla Pd Elena Bonetti e di quello dello Sport assegnato al M5S Vincenzo Spadafora, che si troveranno ad affrontare una prevedibile marcia indietro su due dei provvedimenti-bandiera del vecchio governo, fortemente sostenuti dai grillini ma ascrivibili all’iniziativa leghista: il Codice Rosso (Giulia Bongiorno) che la sinistra Pd criticò come misura inefficace e velleitaria e la riforma del Coni (Giancarlo Giorgetti) che ha stroncato il Comitato Olimpico di Giovanni Malagò trasferendo poteri e miliardi alla nuovissima Sport e Salute.
Ai Beni Culturali, dove si reinsedia Dario Franceschini, la situazione è ancora più complicata. L’esponente Pd, gran tessitore della mediazione con i Cinque Stelle e adesso pure capo della delegazione democratica, è anche il titolare della riforma del 2014 che l’ex-ministro grillino Alberto Bonisoli ha appena demolito, con uno degli ultimi atti del vecchio governo gialloverde, portato a termine a Ferragosto quando la crisi era già conclamata e contestatissimo dalla sinistra.
Francesco Boccia si troverà per le mani la partita dell’autonomia regionale e sarà incalzato da due opposte istanze: le proteste e richieste del Sud e gli interessi dell’Emilia Romagna
I problemi principali ci saranno in tutti i dicasteri dove un esponente del Pd prende il posto di un ministro Cinque Stelle, a cominciare dalle Infrastrutture dove Paola De Micheli sostituisce Danilo Toninelli e dovrà gestire uno dei progetti-bandiera del M5S pre-crisi, cioè la revoca delle concessioni autostradali, contro la quale i democratici si sono ripetutamente espressi un po’ per convinzione, molto per le consolidate relazioni con il mondo dei gestori. Ma anche nei ruoli dove l’avvicendamento riguarda un Pd al posto di un leghista i problemi ci saranno, eccome. Agli Affari Regionali, ad esempio, Francesco Boccia si troverà per le mani la partita dell’autonomia regionale e sarà incalzato da due opposte istanze: le proteste e richieste del Sud (il Pd ha avuto anche un nuovissimo ministero del Mezzogiorno, con Peppe Provenzano) e gli interessi dell’Emilia Romagna, una delle tre regioni che insistono per un provvedimento immediato, che tra l’altro si avvia verso complicate elezioni regionali.
Essere ‘discontinui’ non sarà facile. In molti casi bisognerà correggere provvedimenti che i grillini hanno prodotto o sottoscritto. Di solito queste cose si fanno sottotraccia, senza clamore, utilizzando direttive e circolari più che iniziative legislative apertamente contro-riformiste, ma in questo caso la discontinuità dovrà essere esibita, proclamata, resa evidente, come si è promesso all’elettorato. Questo il primo rovello del Conte-due.