Nel decreto presentato ieri da Conte è necessario cogliere che, a conti fatti, nel decreto, di soldi veri ed immediati c’è molto meno di ciò che sembrerebbe. Parliamo, sia chiaro, delle garanzie sui prestiti. E’ solo il primo distinguo che poniamo all’attenzione dei lettori. Chi ha dovuto stoppare, per l’emergenza coronavirus la sua attività rinunciando ad esercitare, incassare e guadagnare, andrebbe risarcito con l’erogazione di un fondo perduto anziché di un credito agevolato.
Parliamo di perdite secche dovute alla chiusura generale. Inseriamo, in questa logica deviata, un successivo distinguo, legato alle banche e alla burocrazia. E’ importante, visto che ho sentito telefonicamente un imprenditore che mi informava di aver avuto, stamattina, la telefonata del direttore della sua banca: ‘E’ arrivato un assegno, che non può essere coperto, visto che mancano duemila euro’. L’imprenditore risponde: ‘Lo copra, dov’è il problema. Ha ascoltato ieri sera il premier?Ho diritto a un credito, coperto dalla garanzia statale’. Il direttore risponde: ‘Non posso farlo, non è ancora esecutivo il tutto’. Io chiedo: ‘Ora come fai?’. ‘Ho chiesto un intervento da parte del fornitore, che mi ha risposto che non era possibile. Devo procurami duemila euro’. Risultato? Le banche e la burocrazia si metteranno in mezzo prima di erogare fattualmente. Oltretutto anche sul sistema delle garanzie di Stato, a fronte dei prestiti all’economia reale, ci sarà un punto interrogativo per il rischio che ci arrivino attività bollite, che ci faranno ritrovare con una spesa pubblica ingigantita.
Detto questo, ricordando le parole del direttore bancario, citato prima, bisognerà vedere il tempo per avere i soldi sul conto. In America, in Inghilterra, in Germania, e altrove nel mondo, si è già provveduto a bonificare i sostegni stanziati.
Come si sa il tempo è tiranno, e sul fronte fiscale il tutto sarà solo un contentino, visto che dopo un fermo prolungato dell’attività ci si ritroverà a dover pagare sia il pregresso che il corrente, pur avendo incassato poco o niente.
Posticipare vuol dire solamente aggravare una situazione drammatica di suo. Nel governo non c’è stata una strategia chiara per la crisi, visto anche che si sono già visti i risultati del decreto di marzo che, diversamente da quanto appare, sono fermi al palo.
Ad oggi, le aziende, le partite iva, i commercianti, i cassintegrati e il mondo produttivo che è stato chiuso non ha ancora avuto un soldo. Se la cassa pubblica funziona è perché il privato col lavoro e col rischio d’impresa la sostiene.
Serve mettere sul tavolo una cifra valutata bene per compensare due mesi di blocco totale nazionale, parliamo tra il 7 e il 10 percento del Pil. Serve di dare all’economia reale una parte di soldi a fondo perduto, e una di prestito a costo zero, sul serio, stornare una fetta di tasse, utilizzare quell’emissione per pagare i debiti della amministrazione. Serve un contribuito per tutti e per intero all’occupazione, aprire ad ogni semplificazione, con una legge che stronchi la burocrazia e favorisca la democrazia economica.
‘Le necessarie misure di contenimento del Covid-19 stanno causando uno shock generalizzato, senza precedenti storici, che coinvolge sia l’offerta sia la domanda. La rapida evoluzione della pandemia rende difficile rilevare l’intensità degli effetti sull’economia reale con gli indicatori congiunturali la cui diffusione avviene con un ritardo fisiologico rispetto al mese di riferimento’, recita la nota mensile dell’Istat.
L’Istituto, confermando la difficoltà nel fare previsioni senza conoscere quali saranno gli sviluppi dell’emergenza, analizza il clima di fiducia delle famiglie e delle imprese: ‘Le prime indicazioni disponibili sull’impatto economico in Italia provengono dal clima di fiducia di famiglie e imprese, che a marzo ha segnato una forte e diffusa flessione, e dai dati riferiti a febbraio sul commercio estero extra Ue e le vendite al dettaglio. A febbraio 2020 si stima, per le vendite al dettaglio, una variazione congiunturale positiva dello 0,8% in valore e dello 0,9% in volume. In aumento sia le vendite dei beni alimentari (+1,1% in valore e +1,2% in volume), sia quelle dei beni non alimentari (+0,5% in valore e +0,6% in volume)’.
Antonella Di Pietro