Il leader del Movimento 5 stelle Giuseppe Conte, intervistato dal ‘Qn’, ha parlato di diversi temi di attualità nello scenario politico italiano. Tra le varie dichiarazioni, ha attirato l’attenzione l’attacco frontale sferrato nei confronti della premier Giorgia Meloni: “La ricreazione per il governo è finita“.
“Per Meloni è suonata la campanella, la ricreazione del governo è finita. Le piazze di questi giorni confermano quel malcontento che avevamo già toccato con mano nella piazza M5s di giugno” – così ha dichiarato il numero uno del Movimento 5 stelle, che ha parlato delle manifestazioni in piazza degli ultimi giorni. Il malcontento nazionale per Conte è palese e la fiducia nei confronti della Meloni sarebbe in calo: “Anche i sindacati stanno inchiodando il governo alle sue responsabilità, tutelando il diritto al lavoro e mettendo nero su bianco le nefandezze della manovra. Nel Paese si stanno saldando l’opposizione sociale e politica a questo governo, perché le difficoltà sono diffuse e l’insoddisfazione è trasversale”.
“Quasi il 10% della popolazione è in povertà assoluta, oltre 14 milioni sono a rischio povertà ed esclusione sociale” – ricorda Conte citando i dati. “In questa situazione quale crescita e coesione sociale puoi garantire al Paese se anziché aumentare le misure di contrasto alla povertà fai cassa su chi ha poco o niente e togli il Reddito di cittadinanza a 400mila famiglie” – accusa ancora Conte, che poi torna a ‘sparare a zero’ sulla premier – “Giorgia Meloni pensa di fare un torto al M5s, in realtà schiaffeggia queste persone e compromette un armonico sviluppo del Paese”.
In realtà è stato un flop lo sciopero generale indetto da Cgil e Uil. Secondo i dati che Affaritaliani ha ottenuto da fonti ai massimi livelli del ministero del Lavoro, l’adesione allo sciopero dei due sindacati guidati da Landini e Bombardieri sarebbe stata la seguente: scuola 4%; Sanità 4%; Poste 4,2; Industria chimica 8%; Telecomunicazioni 8%; Call center 5%.
«Massimo rispetto per chi ha scioperato, va tuttavia segnalato che l’adesione allo sciopero nella scuola è stata molto bassa», commenta a caldo il ministro dell’istruzione e del merito, Giuseppe Valditara. «Si configura il clamoroso insuccesso dell’iniziativa di alcuni sindacati – aggiunge – Andiamo avanti sulla strada delle riforme».
Di tutt’altro tenore le roboanti dichiarazioni che arrivano da fonti sindacali.
In tutte le regioni coinvolte dallo sciopero, sottolineano inoltre, si sono tenute “grandi manifestazioni», in particolare a Roma in 60 mila in piazza del Popolo, dove hanno chiuso il comizio il segretario generale della Uil Pierpaolo Bombardieri e il segretario generale della Cgil Maurizio Landini. La mobilitazione di Cgil e Uil proseguirà con gli scioperi e le manifestazioni della Sicilia il 20 novembre, delle regioni del Nord il 24, della Sardegna il 27 e delle regioni del Sud il primo dicembre.
Nella Capitale fa testo il traffico: un venerdì 17 che non è stato nero per i trasporti. I disagi per i romani sono stati piuttosto contenuti. L’adesione complessiva del personale Atac allo sciopero è stata appena del 18 per cento, con le linee A e B della metropolitana rimaste pienamente funzionanti. Gli unici disagi per i viaggiatori sono stati relativi alla tratta più marginale del trasporto pubblico, quello della linea C.
“Piazze piene come non si vedeva da anni”, è il racconto di Maurizio Landini che dal palco di piazza del Popolo arringa il popolo scioperante contro la manovra, il governo dei cattivi e la maggioranza sovranista. Sottotitolo della mobilitazione di Cgil e Uil “adesso basta“. Il colpo d’occhio è quello di sempre: bandiere rosse, slogan contro il governo affamatore e tanta retorica contro la precettazione che ha ridotto a quattro ore lo sciopero del settore trasporti.
“Il popolo ha fame!”, urla il leader della Cgil in compagnia del segretario generale della Uil, Pierpaolo Bombardieri che non è da meno. “Salvini guarda questa piazza, studiala bene, porta rispetto. Chi sta qui paga con una giornata di lavoro. Chi sta qui non fa weekend lunghi”. Nel mirino il ministro dei Trasporti, colpevole, neanche a dirlo, di limitare la libertà di manifestare. Qualcuno intona il solito refrain dell’attentato alla democrazia.
Elly Schlein se la cava con l’invio di una delegazione ufficiale del Nazareno. Delicatezza che invece i 5Stelle non hanno avuto.
Tommaso Foti commenta la piazza: “Soddisfa unicamente le non dichiarate, ma ormai ben chiare, ambizioni politiche di Landini. Autoproclamatosi rappresentante della maggioranza popolare, non si rende conto invece di rappresentarne una chiassosa e scomposta minoranza. Toni aggressivi e accusatori, utili unicamente a inasprire ulteriormente gli animi. Piuttosto che attaccare strumentalmente il lavoro del governo, Landini farebbe meglio a ragionare se far perdere una giornata di lavoro per mere ambizioni politiche personali favorisca o meno i lavoratori”.
‘Rispettosa del diritto di sciopero ma ferma nel considerare incomprensibile una mobilitazione lanciata prima che la manovra fosse pensata e scritta, ad agosto, un paradosso di cui oggi la Cgil e la Uil non possono che farsi carico’, Giorgia Meloni commenta lo sciopero “dimezzato” delle due sigle sindacali pregiudizialmente ostili al governo usando un filino di ironia, ma non troppa, perché in strada comunque c’erano cittadini e lavoratori, incolpevoli, sempre: “Ho sempre grande rispetto per i diritti dei lavoratori e per gli scioperi, nel merito posso dire poco perché, come sapete, lo sciopero generale è stato lanciato contro la manovra praticamente in estate, quando io neanche avevo cominciato a pensarla. Quindi non posso dire che nel merito lo sciopero sia oggetto di nostri errori. Era stato lanciato molto prima che noi scrivessimo la legge di bilancio”, ha fatto però notare la Meloni quando la piazza romana si era già velocemente svuotata e i treni avevano ripreso a marciare.