epa08356244 A handout photo made available by Chigi Palace Press Office shows Italian Prime Minister, Giuseppe Conte, attending a press conference at Chigi Palace in Rome, Italy, 10 April 2020. ANSA PROVIDES ACCESS TO THIS HANDOUT PHOTO TO BE USED SOLELY TO ILLUSTRATE NEWS REPORTING OR COMMENTARY ON THE FACTS OR EVENTS DEPICTED IN THIS IMAGE; NO ARCHIVING; NO LICENSING + EPA/FILIPPO ATTILI / HANDOUT HANDOUT EDITORIAL USE ONLY/NO SALES

Conte informa che proroga al 3 maggio le misure restrittive. Attacco, inappropriato, a Salvini e Meloni

Il premier ieri sera apre la conferenza stampa informando che le misure restrittive  vengono prorogate fino al 3 maggio,  chiarendo che si assumeva tutte le responsabilità politiche, annunciando, al contempo, il nuovo dpcm. Ed è un fatto.

Il lavoro per la fase 2 è già partito, informa,  non possiamo aspettare che il virus sparisca dal nostro territorio. Servirà un programma articolato e organico su due pilastri: un gruppo di lavoro di esperti e il protocollo di sicurezza nei luoghi di lavoro. Prometto che se anche prima del 3 maggio si verificassero le condizioni, cercheremo di provvedere di conseguenza ad aprire alcune attività produttive. Servirà un programma articolato e organico su due pilastri: un gruppo di lavoro di esperti, presieduto da Vittorio Colao,  e il protocollo di sicurezza nei luoghi di lavoro. Le proposte dell’Eurogruppo sono un primo passo verso una risposta europea: Gualtieri ieri ha fatto un gran lavoro. Ma è un primo passo che l’Italia, e su questo siamo pienamente d’accordo con Gualtieri, giudica ancora insufficiente.

A questo momento, in diretta televisiva, a beneficio di tutte le reti, e del popolo italiano, compie uno scivolone proprio di un bambino che frequenta l’asilo o, per essere generoso, di un deputato di primo pelo e non di un premier che rappresenta il Paese, sferrando un attacco a Matteo Salvini e Giorgia Meloni riguardo al Mes: ‘Il Mes esiste dal 2012, non è stato istituito ieri o attivato la scorsa notte come falsamente e irresponsabilmente è stato dichiarato da Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Questo governo non lavora col favore delle tenebre: guarda in faccia gli italiani e parla con chiarezza. Sul fondo per la ripartenza non abbiamo ancora una regolamentazione concreta, parliamo di affermazioni di principio. Dobbiamo ancora lavorare in questa direzione ma per la prima volta lo abbiamo messo nero su bianco e gli altri Paesi hanno dovuto convenire sulla necessità di lavorare adesso per questo strumento, perché sia immediatamente applicabile. Abbiamo bisogno di voi, di tutti i cittadini italiani. Le falsità, le menzogne ci fanno male, perché ci indeboliscono nella trattativa”, afferma Conte durante la conferenza stampa a Palazzo Chigi. La lotta per gli eurobond, la farò al Consiglio dell’Ue. Non firmerò nulla senza strumenti adeguati alla sfida al coronavirus.  La proposta europea la valuto nel suo complesso nel Consiglio europeo: lottiamo per gli Eurobond. La risposta comune o è ambiziosa o non è, non abbiamo alternative. Non firmerò sino a quando non avrò un ventaglio di strumenti adeguato alla sfida che stiamo vivendo, che non riguarda l’Europa e tutti gli stati membri. Sono convinto che con la nostra tenacia e la forza della ragione riusciremo a convincere tutti. Non dobbiamo ‘procedere a tentoni’ ma con la task force di esperti istituita oggi, studiare processi razionali per ripensare l’organizzazione della nostra vita. Ora ci dedicheremo al decreto per le misure economiche che vogliamo adottare prima della fine di aprile. Ipotizziamo una ripresa delle attività a pieno regime ma con protocolli rigorosi. Non possiamo debellare il virus. Dovremo conviverci. La bozza del dpcm confermerebbe tutte le misure che limitano gli spostamenti e le attività produttive. Ma ci sarebbero alcune novità: potrebbe ripartire il commercio di carta, cartone e articoli di cartoleria, potrebbero riaprire le librerie e i negozi di vestiti per bambini e neonati, ovviamente solo nel caso in cui potranno garantire tutte le regole di sicurezza’. Questo è quanto dichiarato da Giuseppe Conte, ‘notaio di Stato’.

Riguardo all’attacco gratuito e, consentitemi, inappropriato, a Matteo Salvini e Giorgia Meloni, da un politico che si avvicinava, a pari merito, a Giulio Andreotti, ci aspettavamo qualcosa in più. Non ci si poteva aspettare da un premier,  che parlando al popolo italiano,  cadesse fragorosamente attaccando due membri del parlamento.

Ricordo, al premier ed ai lettori, che il Mes nasce nel 2010, c’era il governo Berlusconi con Salvini e Meloni (ministro). La ratifica definitiva, nel 2012 è del governo Monti. L’approvazione definitiva è stata data dalla Camera il 19 luglio 2012. All’epoca era in carica il governo tecnico di Mario Monti. A Montecitorio il via libera alla ratifica è stato dato con 325 voti favorevoli, 53 contrari, 36 astenuti e 214 assenti. Tutti i 168 deputati del Partito democratico presenti votarono a favore, così come 83 parlamentari del Popolo della libertà, 30 dell’Unione di Centro e 14 di Futuro e libertà. La Lega (con Roberto Maroni segretario) fu l’unica a votare contro (51 no), insieme a due voti ribelli all’interno del Pdl (Guido Crosetto e Lino Miserotti). Il giorno della votazione, la futura leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni, all’epoca deputata del Popolo della libertà, era invece assente.Sul Mes ascoltiamo il commento su twitter  di Yanis Varoufakis, ex ministro della Grecia ai tempi del primo governo Tsipras e il protagonista,  durante la trattativa per il rinnovo del famigerato memorandum: ‘E eccoci qui: Italia e gli altri Paesi piegati. Hanno accettato i prestiti del Mes che porteranno a austerità stringente il prossimo anno, pietosi prestiti per le imprese della Bei, uno pseudo schema federale di assicurazione sulla disoccupazione, più qualche pillola di filantropia. In cambio si sono impegnati a depressione permanente’.

L’economista,  già ministro delle Finanze ellenico,  nel primo governo Tsipras, attraverso un altro tweet, spiega come per l’Italia c’è il danno oltre la beffa: ‘I prestiti del MES senza condizionalità sono una bufala elaborata e ispirata dalla Merkel: certo, prendi miliardi di nuovi prestiti senza condizioni. Ma poi, l’anno prossimo, Bruxelles ‘noterà’ che il tuo debito/PIL è salito alle stelle e richiederà, ex post, un’austerità gigantesca e catastrofica’.

L’11 dicembre il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha tenuto in Parlamento le comunicazioni in vista del Consiglio europeo del 12 e 13 dicembre. Nel suo intervento  Conte ha parlato della riforma del Mes (il Meccanismo europeo di stabilità, Esm nella sua sigla inglese) – criticata dalle opposizioni, e non solo – difendendo l’operato del suo governo. Partiamo, per essere chiari, dalla crisi del 2010: ‘Una nuova crisi economica, nata in casa, ha colpito l’Europa nel 2010, che già allora stava soffrendo l’agitazione finanziaria che era arrivata dagli Stati Uniti a causa della crisi dei mutui subprime del 2008-2009’, esordisce così la sezione del sito ufficiale del Mes dedicata alla sua storia: ‘I mercati iniziarono a dubitare di alcuni Paesi, chiedendo loro tassi di interesse più alti’, spiega il sito del Mes: ‘Alla fine, l’impensabile iniziò ad accadere nel 2010. Alcuni Paesi iniziarono a perdere l’accesso ai mercati. Avevano bisogno di un aiuto; la Grecia fu la prima a chiederlo. Lo Stato ricevette così prestiti bilaterali dagli altri Paesi dell’Eurozona’. È quasi dieci anni fa, dunque, che si poggiano le basi di una delle questioni che sta agitando il dibattito politico italiano delle ultime settimane. ‘I primi di maggio 2010, sull’onda dell’emergenza determinata dalla crisi del debito sovrano greco, l’Ecofin [il Consiglio europeo di Economia e finanza] delibera la creazione di due strumenti temporanei di assistenza per gli Stati membri della zona euro in condizioni finanziarie critiche: il Meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria (Efsm) e il Fondo europeo di stabilità finanziaria (Efsf)’, spiega un dossier del Senato di aprile 2012 sul disegno di legge per la ratifica del Trattato che, nello stesso anno, istituì il Mes,   che analizzeremo meglio dopo.

Vediamo prima brevemente che cosa erano questi due meccanismi temporanei, per capire meglio come si è arrivati alla creazione dell’attuale Meccanismo europeo di stabilità.

Vediamo prima brevemente che cosa erano questi due meccanismi temporanei, per capire meglio come si è arrivati alla creazione dell’attuale Meccanismo europeo di stabilità.

Partiamo dagli strumenti temporanei pre-Mes.

I due strumenti transitori di stabilizzazione finanziaria in questione – così come li chiama il dossier del Senato – sono stati istituiti in una riunione dell’Ecofin del 9-10 maggio 2010 per preservare la stabilità finanziaria in Europa, spiega il comunicato stampa dell’incontro avvenuto all’epoca a Bruxelles.L’operatività di entrambi era stata pensata per durare tre anni, con risorse complessive pari a un massimo di 500 miliardi di euro. L’Efsm (Meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria) era un fondo europeo con una capacità massima di prestito pari a 60 miliardi di euro, la cui struttura patrimoniale era garantita dal bilancio comunitario dell’Ue. Queste risorse non andavano utilizzate in modo indipendente, ma nell’ambito di un pacchetto di prestiti erogati insieme all’altro strumento transitorio, l’Efsf (Fondo europeo di stabilità finanziaria). Quest’ultimo ha invece una struttura patrimoniale garantita dagli Stati dell’Eurozona e una capacità di prestito pari a 440 miliardi di euro. Entrambi questi strumenti erano nati come temporanei e sono intervenuti per aiutare Paesi come Irlanda, Portogallo e Grecia. Sono stati sostituiti appunto dal Mes, pensato invece come strumento permanente (anche se l’Efsf continua a esistere come entità legale e condivide con il Mes sede e personale).

La nascita del Mes

Inizialmente, come ricostruisce il dossier del Senato, l’idea di creare uno strumento che sostituisse quelli temporanei per gestire la crisi economica dell’Eurozona è arrivata nel Consiglio europeo del 28-29 ottobre 2010.

Come si legge nelle conclusioni pubblicate dal Consiglio al termine dell’incontro, l’intenzione era quella di introdurre un meccanismo permanente verso la metà del 2013.

Nel luglio 2011, al termine di una fase di trattativa tra gli Stati aderenti, si giunge ad un accordo, spiega il dossier del Senato. Un accordo successivo ha riguardato l’anticipazione di un anno l’entrata in vigore del Mes, stabilendo che questi inizierà ad operare dal luglio 2012 (anziché nel 2013).

Il Trattato che ha istituito il Meccanismo europeo di stabilità (il Mes) è stato firmato il 2 febbraio 2012 dagli allora 17 Stati membri della zona euro (a cui si sono aggiunti poi Lituania e Lettonia), per poi diventare operativo l’8 ottobre 2012.

Questa firma era stata però possibile dopo una riforma dei trattati fondamentali dell’Unione europea. Il Consiglio europeo del 24-25 marzo 2011, infatti, era giunto all’accordo di cambiare il Trattato sul funzionamento unico dell’Ue (il Tfue), e in particolare l’articolo 136, a cui era stato aggiunto il seguente paragrafo: ‘Gli Stati membri la cui moneta è l’euro possono istituire un meccanismo di stabilità da attivare ove indispensabile per salvaguardare la stabilità della zona euro nel suo insieme. La concessione di qualsiasi assistenza finanziaria necessaria nell’ambito del meccanismo sarà soggetta ‘a una rigorosa condizionalità’.

Come spiega un dossier della Camera dei deputati del 29 novembre 2019, qui sta l’originalità del Mes il quale, pur avendo la natura di organizzazione intergovernativa, trova comunque la sua base giuridica nel Tfue.

I voti sul Mes

Vediamo che cosa successe in Italia. Il disegno di legge intitolato ‘Ratifica ed esecuzione del Trattato che istituisce il Meccanismo europeo di stabilità (Mes) è stato presentato in Senato il 3 aprile 2012, due mesi dopo la firma del Trattato.

Il voto favorevole di Palazzo Madama è arrivato poi il 12 luglio 2012, mentre l’approvazione definitiva è stata data dalla Camera una settimana dopo, il 19 luglio 2012. All’epoca era in carica il governo tecnico di Mario Monti.

A Montecitorio, come ha tenuto traccia Openpolis, il via libera alla ratifica è stato dato con 325 voti favorevoli, 53 contrari, 36 astenuti e 214 assenti. Tutti i 168 deputati del Partito democratico presenti votarono a favore, così come 83 parlamentari del Popolo della libertà, 30 dell’Unione di Centro e 14 di Futuro e libertà.

La Lega (con Roberto Maroni segretario) fu l’unica a votare contro (51 no), insieme a due voti ribelli all’interno del Pdl (Guido Crosetto e Lino Miserotti). Il giorno della votazione, la futura leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni, all’epoca deputata del Popolo della libertà, era invece assente.

Il dibattito sulla riforma

Le spinte degli ultimi anni per riformare l’Unione europea e alcuni suoi meccanismi hanno interessato, negli ultimi anni, anche il Mes, e questo è il motivo per cui se ne parla di nuovo ora, parecchio tempo dopo la sua istituzione. Il 6 dicembre 2017 – cinque anni dopo l’istituzione del Mes – la Commissione europea ha presentato una proposta di regolamento per trasformare il Mes in un Fondo monetario europeo (Fme).

L’idea, spiega il dossier della Camera, rientrava nell’ambito di un pacchetto di misure volto a riformare l’Unione economica e monetaria, ma è stata poi accantonata. Il Consiglio europeo del 13-14 dicembre 2018 ha deciso invece di dare il mandato all’Eurogruppo (un organo informale in cui si riuniscono i ministri degli Stati membri della zona euro) per trovare un accordo di riforma del Trattato sul Mes.

L’intesa è stata raggiunta circa sei mesi dopo, il 14 giugno 2019: il giorno dopo il quale il presidente dell’Eurogruppo Mario Centeno – e ministro delle Finanze del Portogallo – ha mandato una lettera al presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, con i principali contenuti della riforma.

Una settimana dopo – il 21 giugno – si è incontrato poi il Vertice euro (che riunisce i capi di Stato o di governo dei Paesi della zona euro per fornire orientamenti strategici sulla politica economica della zona euro) che ha chiesto all’Eurogruppo di proseguire i lavori per trovare a dicembre 2019 un accordo definitivo e complessivo sulla riforma del Mes.

Dopo le critiche nate in Italia nelle ultime settimane l’Eurogruppo ha deciso di rinviare questa scadenza a gennaio 2020.

Il Mes, in conclusione,  è nato ufficialmente nel 2012, ma già a fine ottobre 2010 si erano mossi i primi passi in sede europea per creare un meccanismo stabile di sostegno ai Paesi in crisi, che sostituisse due strumenti temporanei avviati per affrontare le difficoltà finanziarie di inizio 2010.

Difficoltà finanziare che, causa coronavirus, si ripresentano oggi. Il governo, con finta di corpo, apparentemente scarta il Mes, per focalizzarsi sull’Eurobond, forse meglio Coronabond, già scartato aprioristicamente dall’Olanda e dalla Germania, leggi Angela Merkel.

Roberto Cristiano

 

 

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