Prima la garanzia che nessun operaio dell’ex Ilva venga licenziato. Poi il pieno rispetto del contratto. Senza queste due precondizioni la trattativa con Arcelor Mittal potrebbe saltare definitivamente. Il presidente del consiglio, Giuseppe Conte, in una intervista al Fatto Quotidiano fa capir che non farà alcun passo indietro e ribadisce la posizione dell’Italia. Nelle prossime ore, al massimo nella giornata di martedì, ci sarà un incontro che dovrebbe essere risolutivo per capire le intenzioni che i titolari hanno per davvero. Il problema, si sottolinea, non è giudiziario ma industriale. Quindi lo scudo penale è solo una scusa, è il ragionamento del premier, a cui è difficile attaccarsi. “Se Arcelor Mittal confermasse la dismissione dell’ex Ilva, prepariamo la battaglia legale convinti di avere ottime probabilità di successo”. Dunque, la società indiana”non ha più alibi, si prenda le sue responsabilità”, dice Conte.
Il premier,però, deve arrivare al tavolo forte di una unità di intenti nella maggioranza che sembra non esserci con Pd e M5S, i due azionisti di maggioranza, divisi proprio sullo ‘scudo penale’. Differenze, allargate anche ad Italia Viva, che rischiano di ‘snaturare’ la Legge di Bilancio. “Abbiamo cancellato un bel pò di maxi-tasse: innanzitutto l’aumento di 23 miliardi di Iva”, ha spiegato il presidente del Consiglio. “E ora mi impegno a destinare pressoché integralmente le somme recuperate dall’evasione in un fondo per ridurre la pressione fiscale”. “L’impianto e i contenuti essenziali non possono essere rimessi in discussione. Plastic tax e imposta sulle auto aziendali sono interventi che saranno spiegati, oltreché facilmente sostenibili”. “In soli due mesi -dice il presidente del Consiglio – questo governo ha gettato le basi per fare dell’Italia un Paese più verde, più digitalizzato, meno burocratico, con infrastrutture più efficienti e tasse meno pesanti. Abbiamo anche varato il pacchetto più organico e incisivo mai visto finora contro l’evasione fiscale e l’emersione dell’economia sommersa”. Dunque, il messaggio rivolto soprattutto a M5S e Renzi è semplice: indietro non si torna sulla Finanziaria.