Giuseppe Conte ha deciso. Il sottosegretario della Lega, Armando Siri, indagato per corruzione, “si deve dimettere”. Il premier chiederà la revoca del suo incarico al prossimo Consiglio dei ministri. “Noi dobbiamo essere credibili, responsabili: le dimissioni o si danno o non si danno, le dimissioni future non hanno molto senso” . “Non mi voglio ergere a giudice del caso di Siri”, ha detto Conte in conferenza stampa a Palazzo Chigi. “Dalla mia esperienza di avvocato posso dire che eventuali dichiarazioni spontanee che l’interessato potrà rendere ragionevolmente non potranno segnare una svolta rispetto a questa fase preliminare di indagini”, ha sottolineato riferendosi alla volontà del sottosegretario leghista di lasciare l’incarico di governo dopo aver parlato con i magistrati. “Siri si è prestato ad accogliere le istanze di un imprenditore. E’ normale – e non me ne meraviglio – ricevere suggerimenti per nuove norme o modifiche normative, ma come governo abbiamo la responsabilità di discernere e valutare se le proposte hanno il carattere della generalità e astrattezza o avvantaggiano il tornaconto di un singolo imprenditore”. Nel caso di Siri “la norma non avrebbe offerto una parità di chance per il futuro a tutti gli imprenditori ma vantaggi retroattivi, una sorta di sanatoria solo per alcuni. Per queste ragioni ho valutato la necessità e opportunità di dimissioni del sottosegretario Siri”.
Sicuramente questa rappresenta una battaglia, sul tema della ‘legalità’, vinta dal M5S. E non è escluso questa vicenda possa provocare degli scossoni sulla tenuta del governo. Tanto che il presidente del consiglio, rivolgendosi alla Lega, ricorda che questa “decisione non è una condanna: non si lasci guidare da una reazione corporativa”. Conte ha poi invito anche “il M5s a non approfittare di questa soluzione per cantare una vittoria politica”.
“La fiducia – ha aggiunto Conte – è un elemento chiave di questo governo e per proseguire questa esperienza di governo. La fiducia dei cittadini, la fiducia del premier in ciascun componente di questo governo. Questo è un approccio che io trovo completamente differente rispetto alle semplificazioni di una visione manichea tra un approccio giustizialista e uno garantista. Io ritengo che la Politica con la P maiuscola debba rifuggire questi opposti e rivendicare la capacità di discernere caso per caso, deve farlo con coerenza e trasparenza perché solo così può preservare la sua nobile funzione”.
Luigi Di Maio è sicuramente il vincitore e non solo morale sul dossier Siri. Anche se lui cerca di sminuirne la portata ‘politica’. “Non esulto e non credo sia una vittoria. Detto questo sono contento che il governo ora possa andare avanti perché il caso Siri si chiude. E’ un problema che poteva risolversi qualche giorno fa con un iniziativa del singolo e senza coinvolgere i vertici dell’esecutivo”. La posizione presa dal premier e dal M5s sul sottosegretario ai Trasporti, ha aggiunto, “non è una condanna su Siri: quando si mette un faro sui casi di corruzione è perché ci sono i soldi dei cittadini in ballo. Difendiamo i soldi dei cittadini”.
Insomma Siri non porterà alla caduta del Governo. Di Maio ne è convinto. “Conosco la Lega e Salvini da 11 mesi. Sono persone di buonsenso e intelligenti. Aprire una crisi di governo su un sottosegretario coinvolto in un indagine per corruzione non sarebbe una bella immagine per la Lega”, ha affermato nel corso della registrazione di “Otto e Mezzo”. E poi, in merito alla soluzione proposta da Siri, “eventuali dimissioni dopo 15 giorni, sarebbe stata una strada un pò furba che non potevamo permettere per rispetto agli Italiani”. Il Consiglio dei ministri per la revoca dell’incarico potrebbe essere “tra l’otto ed il nove maggio. Spero che non si arrivi a nessun voto. Nel caso M5s voterà a favore della revoca, ed ha la maggioranza assoluta in Cdm”.
Diversa è la lettura delle parole del presidente del consiglio da parte della Lega. “I magistrati sono pronti ad incontrare Siri, che dimostrerà la totale estraneità ad una vicenda surreale dove due tizi parlavano di lui senza che sia stato fatto nulla. In un Paese civile funziona così. Lascio a Conte e Siri le loro scelte. A me va bene qualunque cosa, se me la spiegano”, dice il vicepremier Matteo Salvini. “Se chiedono a voi di dimettervi perché due tizi all’autogrill parlano di voi, voi direste di no. Fatemi spiegare la mia ad un giudice e poi ne riparliamo”, aveva poi affermato il leader del Carroccio, sempre prima della conferenza stampa di Conte. “In democrazia funziona così. In uno Stato di diritto si è innocenti fino a prova contraria, lo si lasci parlare con i magistrati”.