E’ “difficile” ridurre il rapporto tra debito e Pil se “il denominatore non cresce” e i “timori di default aumentano i pagamenti sugli interessi del numeratore”. In altre parole, “la stagnazione e l’inaffidabilità di bilancio portano il debito sull’orlo di un precipizio”, che potrebbe far scivolare il Paese “verso il Nordafrica e l’America Latina”. Lo rileva lo European Economic Advisory Group (Eeag) del CesIfo di Monaco di Baviera, un gruppo di sette economisti di sei Paesi, nel rapporto “A Fragmenting Europe in a Changing World”.
Gli economisti criticano la politica economica propugnata dal governo italiano: “Molte delle riforme fatte invertono la marcia rispetto a riforme del passato – scrivono – ciò riporta nell’economia italiana caratteristiche che hanno avuto un ruolo nel prevenire reazioni adatte al cambiamento strutturale” e che hanno avuto come risultato una “stagnazione prolungata”. Come è successo “fin troppo spesso nel corso degli ultimi 25 anni”, le azioni politiche in Italia “sembrano essere ispirate nostalgicamente” al desiderio di tornare ad un passato che “sembra positivo, nella memoria collettiva”.
Se può essere “irrazionalmente attraente” ripristinare politiche che erano in vigore quando i tempi erano migliori, “le politiche vecchio stile non restituirebbero la crescita degli anni Sessanta”. Anche perché “la memoria è selettiva” e troppo spesso si dimenticano i costi: chi ha nostalgia della lira scorda i danni che l’elevata inflazione faceva al potere d’acquisto, “anche dei pensionati”. Resta in Italia la tentazione di “rimuovere vincoli impopolari aumentando il deficit”. Gli italiani, avvertono infine, possono “trarre conclusioni osservando le crisi in Argentina, Turchia e Venezuela, tutti Paesi che non hanno i vincoli dell’Eurozona e dell’Ue, ma che non vanno poi così bene”.