Sta creando confusione l’annuncio che dal 2022 saranno bloccate alcune tipologie di sussidi statali. La decisione è stata presa all’interno della Cop26, la Conferenza delle Parti dell’Onu sul clima e l’ambiente, che riunisce i leader mondiali e ha come obiettivo quello di fermare il cambiamento climatico. Il summit è organizzato quest’anno dal Regno Unito in collaborazione con l’Italia e si tiene a Glasgow, in Scozia.
Sono 25 gli enti, come banche e agenzie di sviluppo, e le nazioni firmatari di un accordo che vede lo stop ai finanziamenti delle fonti fossili non abbattute. Tra questi l’Italia, il Canada, il Regno Unito e gli Stati Uniti d’America.
Cop26: stop ai sussidi statali per le fonti fossili non abbattute
Nella dichiarazione si legge che per condurre il mondo nell’ambiziosa strada delle emissioni zero, che prevede un tetto massimo di riscaldamento globale di 1,5 gradi come stabilito dall’Accordo di Parigi del 2015, saranno presi tre impegni.
Il primo è il supporto incondizionato alla transizione verso energie pulite e rinnovabili, usando le risorse statali per finanziare i privati che si muoveranno in questa direzione con lo stoccaggio dell’anidride carbonica.
Il secondo è lo stop, a partire dalla fine del 2022, fatta eccezione per circostanze chiare, limitate e non dannose per l’ambiente, ai finanziamenti pubblici agli operatori del settore energetico che utilizzano fonti fossili non abbattute.
Il terzo è quello di convincere, attraverso le istituzioni finanziarie pubbliche, e dunque accordi e negoziati economici, più enti e Paesi a fare altrettanto, per allinearsi a quanto stabilito durante la Cop21 di Parigi.
Stop ai sussidi statali per le fonti fossili non abbattute, cosa cambia
Cosa cambia, dunque, nel concreto in Italia a partire dal 2023? Prima di tutto bisogna ricordare che gli accordi presi all’interno dei summit sull’ambiente non sono vincolanti, ma servono da indirizzo per le politiche nazionali e internazionali per limitare gli effetti e i danni del cambiamento climatico.
La frase che poi riguarda le eccezioni è molto vaga, e può prestarsi a molteplici interpretazioni in base alle esigenze dei singoli Paesi ed enti sovrannazionali.
Fatte queste doverose premesse, è necessario anche sottolineare che non si parla, almeno non direttamente, di bonus per i cittadini o le singole imprese, che continueranno a essere erogati secondo i piani nazionali.
I sussidi di cui si parla infatti sono quelli erogati dagli Stati ai produttori di gas, petrolio e carbone che non implementano tecnologie di cattura e sequestro del carbonio, che cioè non abbattono le emissioni di Co2, che è tra le cause principali dell’effetto serra.
Tra gli obiettivi della Cop26, che quest’anno ha assunto un inedito carattere di urgenza, c’è quello di azzerare le emissioni entro il 2050. Qui tutti gli altri propositi del summit.
A Glasgow è andata anche Greta Thunberg, la 18enne simbolo della lotta al cambiamento climatico, che ha intimato ai leader mondiale di smetterla con il “bla bla bla”, con le vane promesse. Qui il nostro approfondimento su quanto guadagna l’attivista.
Quanto valgono i sussidi ai produttori di combustibili fossili
Secondo un rapporto del Fondo Monetario Internazionale, solo nel 2020 ai produttori di combustibili fossili sono andati quasi 6 mila miliardi di dollari di sussidi statali, sia diretti che indiretti, ad esempio tramite il mancato addebito dei costi.
Si tratta di ben 11 milioni di dollari al minuto, che sono andati a beneficio di un sistema che oltre a inquinare arricchisce gli uomini più facoltosi del pianeta. E che, senza interventi da parte della comunità internazionale, non avrebbero interesse a limitare le emissioni di Co2.
I sistemi di stoccaggio di diossido di carbonio sono infatti particolarmente onerosi per gli operatori, e solo un’azione combinata dei vari Paesi del mondo, disposti ad acquistare solo energia pulita, potrà portare al raggiungimento dell’obiettivo emissioni zero, stabilito anche dallo straordinario accordo sul clima del G20, di cui vi abbiamo parlato qui.