La manifestazione nazionale di Cgil, Cisl e Uil in piazza Santi Apostoli a Roma, la prima delle tre iniziative indette unitariamente che apre ''la settimana di mobilitazione per il lavoro'', e in cui confluisce anche la protesta dei lavoratori metalmeccanici dell'ex Ilva, in sciopero per 24 ore negli stabilimenti siderurgici del gruppo ArcelorMittal e nell'indotto, 10 dicembre 2019. ANSA/ MASSIMO PERCOSSI

Coronavirus, allarme ONU: “A rischio 25 milioni di posti di lavoro nel mondo”

Coronavirus, allarme ONU: “A rischio 25 milioni di posti di lavoro nel mondo”

Un numero persino superiore a quello che si verificò dopo la crisi economica del 2008

Un’emergenza esplosa all’improvviso  destinata, purtroppo, a lasciare un segno profondissimo nell’economia mondiale. A rischio, infatti, milioni di posto di lavoro: questo l’allarme lanciato dall’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL)  che ha fatto le sue stime considerando uno scenario ottimistico e uno più pessimista.

La crisi economica generata dall’emergenza, rivela lo studio pubblicato nelle scorse ore “COVID-19 e il mondo del lavoro: impatto e risposte”, potrebbe far aumentare il numero di disoccupati nel mondo di 25 milioni”. Un numero persino superiore a quello che si verificò dopo la crisi economica del 2008 e che comportò una crescita dei disoccupati mondiali di 22 milioni di unità.

Tuttavia, precisa l’agenzia dell’Onu, una risposta coordinata della comunità internazionale  potrebbe “ridurre in modo significativo” il dato. Sulla base di possibili scenari dell’ impatto del covid-19 sulla crescita del PIL globale, le stime dell’OIL indicano un aumento della disoccupazione globale tra 5,3 milioni (scenario a basso impatto) e 24,7 milioni (scenario ad impatto medio-alto) che si sommerebbe ai 188 milioni di disoccupati del 2019.

Il messaggio è chiaro: qualora non si verificasse un intervento rapido, dunque, il conto sarebbe salatissimo.

A causa della pandemia, avvisa l’Ilo, si potrebbero perdere fino a 3.400 miliardi di dollari di stipendi entro la fine del 2020 che si tradurrà in una riduzione dei consumi di beni e servizi che, a loro volta, impatteranno sulle imprese e le economie. In caso di reazione, invece, l’agenzia stima una contrazione più contenuta ma comunque non inferiore agli 860 miliardi.

I comparti più toccati potrebbero essere quelli del turismo, dei trasporti, ma anche l’industria dell’automobile. “Sarà un crash-test di proporizioni inquietanti, ben peggiore di quello del 2008″, spiega il direttore generale dell’organizzazione delle Nazioni Unite, Guy Ryder per il quale “questa non è più solo una crisi sanitaria globale, ma è anche una grave crisi economica e del mercato del lavoro che sta avendo un enorme impatto sulle persone”.

“Nel 2008, il mondo ha affrontato in modo unito le conseguenze della crisi economica e finanziaria mondiale e, grazie a questo fronte comune, è stato possibile far evitare peggiori conseguenze. Anche ora abbiamo bisogno di questo tipo di leadership e di azioni immediate”, ha aggiunto.

Come prevedibile, alcuni gruppi saranno colpiti in modo sproporzionato dalla crisi del lavoro con conseguente aumento delle disuguaglianze. All’interno di questo gruppo rientrano le persone che svolgono lavori meno protetti e meno retribuiti, in particolare giovani e lavoratori anziani, nonché le lavoratrici e i lavoratori migranti.

“In tempi di crisi come quello attuale, abbiamo due strumenti chiave che possono aiutare a mitigare i danni e ripristinare la fiducia della gente. In primo luogo, il dialogo sociale e l’interazione costante tra lavoratori, lavoratrici, datori di lavoro e i loro rappresentanti è fondamentale per costruire la fiducia e sostenere le misure di cui si ha bisogno per superare questa crisi. In secondo luogo, le norme internazionali del lavoro forniscono una base solida per adottare risposte attraverso politiche incentrate su una ripresa sostenibile ed equa. Questo misure dovrebbero essere adottate per ridurre al minimo l’impatto di questo difficile momento sulle persone”, ha concluso Ryder.

 

 

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