Da questa mattina è in corso una rivolta anche nel carcere di San Vittore e alcuni detenuti sono saliti sul tetto della casa circondariale urlando ‘libertà, libertà’. Sul posto sono arrivate le volanti di polizia. In particolare a salire sul tetto sono stati i detenuti del reparto ‘La Nave’. La rabbia è salita al punto che si parla di ‘devastazione’ dell’infermeria e hanno aperto armadietti e cassaforti: come è successo altrove il pericolo è che ingurgitino il metadone usato per placare la tossicodipendenza da eroina.
Palermo, chiuse le strade
Tentativo di evasione dal carcere Ucciardone a Palermo. Alcuni detenuti per protesta contro lo stop alle visite in carcere per l’emergenza coronavirus hanno tentato di scavalcare la recinzione dell’istituto di pena per cercare di fuggire. Il tentativo è stato bloccato dalla polizia penitenziaria. Il carcere è circondato dai carabinieri e polizia in tenuta antisommossa. Ieri sera la protesta era scattata anche al Pagliarelli, il secondo carcere di Palermo.
Carcere Ucciardone blindato, tutte le vie di accesso chiuse al traffico e presidi di controllo della polizia di stato nel punto più vicino tra i “bracci” e le mura di recinzione. Diversi familiari, proprio in via Borrelli, hanno ‘comunicato’ urlando verso il carcere da cui provenivano urla dai detenuti. Nelle guardiole, sui bastioni, sono presenti agenti di polizia penitenziaria, che vigilano da dietro i vetri blindati dopo che alcuni detenuti avrebbero tentato di scavalcare una prima recinzione in ferro che precede le antiche mura di recinzione.
Modena, morti e trasferiti
Sale a sei il numero di detenuti morti dopo la rivolta dell’8 marzo. Almeno un altro detenuto, a quanto si apprende, è in fin di vita. Sarebbero tutti decessi per overdose. Le proteste sono cominciate domenica verso ora di pranzo, quando alcuni detenuti hanno dato fuoco ai locali di uno dei padiglioni del carcere.
La situazione, nelle ore, è degenerata fino a trasformarsi in una vera e propria guerriglia, con l’arrivo nella struttura di Strada Sant’Anna di agenti della polizia e militari dei carabinieri in tenuta antisommossa che hanno tentato di sedare la rivolta. Decine di carcerati sono stati bloccati e trasferiti in altre strutture. Alcuni detenuti, però, prima di arrendersi hanno assaltato l’infermeria trafugando confezioni di metadone e altri farmaci. E proprio l’abuso di sostanze stupefacenti dovrebbe essere la causa dei decessi. Tra le persone rimaste ferite, anche un agente della penitenziaria e sette sanitari finiti in ospedale ma con lesioni lievi.
Mettere in campo “misure straordinarie” per “alleggerire le situazioni di sovraffollamento”. E’ l’invito che viene dal Garante nazionale per i diritti dei detenuti, data la “situazione in atto”. Le misure, afferma il Garante, vanno messe a punto “superando un concetto di prevenzione fondata sulla chiusura al mondo esterno, affiancando a provvedimenti di inevitabile restringimento misure che diano la possibilita’ di ridurre le criticita’ che la situazione carceraria attuale determina e che permettano di affrontare con piu’ tranquillita’ il malaugurato caso che il sistema sia investito piu’ direttamente dal problema” relativo all’emergenza coronavirus.
Il cappellano: polveriera di rabbia
Le carceri rischiano di diventare “una polveriera di rabbia e di violenza”, afferma don Raffaele Grimaldi ispettore generale dei Cappellani delle carceri. “Questo è un momento delicato per le carceri, chi ha una responsabilità è chiamato a interrogarsi su cosa fare per dialogare e vivere con serenità questo momento difficile. In alcune parti già sono stati presi alcuni provvedimenti: il tribunale di Napoli, ad esempio, ha messo tutti coloro che sono in semilibertà fuori per 15 giorni, così che invece di tornare a dormire in carcere rimangono a casa. E’ un provvedimento che può creare dialogo, perché purtroppo se non c’è questo dialogo possiamo anche fermare tutte le violenze ma queste carceri rischiano di diventar polveriere di rabbia e di violenza, e non lo vogliamo”.
I dati: sovraffollamento al 140%
“L’emergenza Coronavirus arriva dopo un anno di sofferenze penitenziarie, in cui, soprattutto in Lombardia, la sanità inframuraria è stata spesso inadeguata (nei numeri, nei servizi, nelle risposte). Un anno di sofferenze che hanno investito tanto i detenuti quanto gli agenti, e tutto il personale penitenziario, che arriva a nervi tesi a questa emergenza”, scrive su Facebook Valeria Verdolini, presidente dell’associazione Antigone Lombardia. Verdolini sottolinea: “il 29 febbraio erano presenti in Italia 61.230 detenuti, a fronte di una capienza regolamentare di 50.931 posti, con un sovraffollamento oltre il 120%”.
“Nelle zone arancioni del Dpcm sono presenti 14.449 persone ristrette, il 23,6% di tutti i detenuti d’Italia, così distribuite: 2365 Emilia-Romagna; 8.720 Lombardia (il sovraffollamento regionale qui sale al 140%, con picchi a Como del 195%), 238 Marche, 1751 Piemonte, 1375 Veneto. Sono numeri distribuiti in spazi angusti, in celle pensate per spazi vitali con meno presenze. Il sovraffollamento significa il terzo letto, e passare gran parte della giornata per pochi cm sopra la soglia dei 3 metri quadri a persona”.