Coronavirus: contagio ridotto in estate, non grazie al caldo
I veri nemici dell’infezione da Covid-19 sono i raggi Uvb, che destabilizzano il virus. Lo spiega Vincenzo Bruzzese
L’arrivo dell’estate potrebbe ostacolare il contagio. Lo abbiamo sentito spesso dall’inizio dell’emergenza Covid-19 in Italia. Tuttavia non sarà il caldo a fermare il nuovo coronavirus. “Il vero nemico del virus è l’irradiazione solare. Non è il caldo che influenza il ciclo vitale del virus, ma sono i raggi ultravioletti, gli Uvb, del sole che lo destabilizzano”. Lo ha spiegato Vincenzo Bruzzese, medico del Presidio Nuovo Regina Margherita di Roma.
“Ci dobbiamo aspettare quindi, in questi mesi estivi, un calo notevole dei contagi e soprattutto una malattia diversa, meno aggressiva e con meno complicazioni. Sarà inoltre inverosimile, durante il periodo estivo, una seconda ondata di contagio“, ha continuato l’esperto, direttore Uoc di Medicina interna e della Rete reumatologica dell’Asl Roma 1.
“Tutti i virus e in particolare i coronavirus sono sensibili ai raggi Uvb del sole. Durante la stagione estiva, in particolare da giugno ad agosto, il sole, alla nostra latitudine, splende e irradia per molte ore la superficie terrestre, distribuendo raggi Uvb molto potenti. Questi possono destabilizzare la struttura del coronavirus, e influenzare il suo ciclo vitale, rendendolo meno contagioso e virulento”, ha dichiarato il medico.
A che temperatura il caldo uccide il coronavirus
“Il caldo, inteso come calore, uccide i virus in generale a una temperatura intorno ai 90° C. È quindi evidente che il caldo estivo non può uccidere il coronavirus o influenzare il suo ciclo vitale”.
“L’ipotesi che il caldo estivo possa influenzare positivamente il contagio perché ci sarebbe un maggior distanziamento sociale, è veramente singolare, se si pensa che l’estate è il momento in cui c’è più aggregazione, anche se in ambienti esterni. Ciò andrebbe in contraddizione con tutto quello che abbiamo raccomandato e fatto fino ad adesso: distanziamento anche nei luoghi esterni”.
Le particelle droplet non evaporano con il caldo
Riguardo le goccioline che emettiamo quando parliamo o con starnuti e tosse, i cosiddetti droplet, è stato detto che “con il caldo perderebbero la loro componente acquosa, e si essiccherebbero prima di poter contagiare un individuo. Questa è un’altra ipotesi inverosimile se si pensa a quale velocità viaggiano le goccioline di uno starnuto“, ha smentito il medico.
“La speranza è che il nuovo coronavirus, come è successo per la Sars, dopo l’estate perda il suo potere di contagiosità e di aggressività. Se ciò non dovesse accadere e se dovessero permanere focolai quiescenti in Italia o attivi altrove, soprattutto nell’emisfero australe, allora una seconda ondata è verosimile che avvenga da ottobre in poi, quando l’irradiazione solare diminuisce e con essa l’azione dei raggi Uvb”.
“Occorre quindi mantenere la massima allerta, anche in questo periodo estivo, ed essere prudenti nello smantellare presidi ed ospedali Covid. In questo momento è un’operazione improvvida che va evitata”.