Intervenuto ai microfoni de il ‘Corriere della Sera’, il Professor Remuzzi, direttore dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, ha parlato dell’andamento dell’epidemia in Italia e dei tamponi.
Nella prima parte della sua intervista il Professor Remuzzi ha parlato della situazione coronavirus in Lombardia facendo sapere che sarebbe necessario modificare anche la comunicazione per evitare di creare inutili allarmismi: “Piuttosto, l’Istituto superiore della Sanità e il governo devono rendersi conto di quanto e come è cambiata la situazione da quel 20 febbraio ormai lontano. E devono comunicare di conseguenza. Altrimenti, si contribuisce, magari in modo involontario, a diffondere paura ingiustificata”.
Il nodo sarebbe legato all’esito dei tamponi, e la risposta sarebbe in uno studio di ricerca condotto proprio dal Mario Negri. “Per il Covid-19, funziona così. Il genoma del coronavirus presente sui tamponi, ovvero l’Rna, viene trascritto a Dna e amplificato mediante tecnica Pcr, che aumenta enormemente il materiale genetico di partenza. Più elevato è il contenuto sul tampone di Rna, quindi di virus, e meno dovrà essere amplificato. Abbiamo condotto uno studio su 133 ricercatori del Mario Negri e 298 dipendenti della Brembo. In tutto, quaranta casi di tamponi positivi. Ma la positività di questi tamponi emergeva solo con cicli di amplificazione molto alti, tra 34 e 38 cicli, che corrispondono a 35.000-38.000 copie di Rna virale”. Tradotto, si arriva a dimostrare che alcuni casi di positività al coronavirus hanno in realtà un carica virale molto bassa, a volte neanche in grado di contagiare altre persone. “Cosa significa? Che sono casi di positività con una carica virale molto bassa, non contagiosa. Li chiamiamo contagi, ma sono persone positive al tampone. Commentare quei dati che vengono forniti ogni giorno è inutile, perché si tratta di positività che non hanno ricadute nella vita reale”.
Alla luce del nuovo studio arriva quindi l’appello all’Iss e al governo, chiamati a ricalibrare il monitoraggio e la comunicazione. “L’Iss e il governo devono qualificare le nuove positività, o consentire ai laboratori di farlo, spiegando alla gente che una positività inferiore alle centomila copie non contagiosa, quindi non ha senso stare a casa, isolare, così come non è più troppo utile fare dei tracciamenti che andavano bene all’inizio dell’epidemia”.