Lettera del Presidente Emerito del Collegio Italiano dei Chirurghi, Prof. Pietro Forestieri.
È opinione comune che l’epidemia da coronavirus abbia cambiato, stia cambiando e cambierà la nostra vita, il nostro modo di interfacciarci con l’altro, il diverso, il disabile, la nostra scala dei valori, delle necessità, delle cose fatue. Lo spero, anche se temo che la natura umana avrà il sopravvento appena passate la paura e l’angoscia.
Gli unici a non essere cambiati sono, se ci riflettete bene, i medici, gli infermieri, il personale ausiliario e tutti quanti si prodigano per il bene degli altri, quotidianamente, a prescindere dal colore della pelle, della religione, delle condizioni sociali. Certo non siamo tutti missionari, alcuni, pochi in verità, cedono eccessivamente alla venalità, ma tutti svolgono la loro professione al meglio delle loro possibilità e di quanto le strutture in cui operano consentano.
Il 14 marzo 2020, alle ore 12.00, nelle città italiane, moltissimi connazionali hanno applaudito i medici e gli infermieri italiani per il lavoro svolto, quasi fosse, per loro, una novità o un fatto eccezionale. Non sono riuscito ad affacciarmi né, tantomeno, ad applaudire. Ho, forse, avuto un sorriso amaro, ripensando a tutte le donchisciottesche battaglie portate avanti durante la mia presidenza del Collegio Italiano dei Chirurghi, non solo in rappresentanza dei circa 35.000 chirurghi delle varie branche e delle diverse specialità ma anche di tutti i medici, gli infermieri ed i vari operatori della sanità. Erano i tempi in cui vi era un accanimento, spesso anche oltre il lecito, verso i medici ed i chirurghi per un presunto errore medico, nel quale, molto spesso, si confondevano anche le complicanze incomprimibili ed inevitabili proprie di un intervento o di un atto medico. Invece del rispetto e della considerazione desiderati ci siamo trovati in un clima di sospetto e di litigiosità, spesso non spontanei ma istigati da alcuni media, associazioni varie e particolari categorie professionali, fino ad innumerevoli aggressioni verbali e fisiche o a decine di migliaia di denunce, in gran parte pretestuose e, di fatto, tentativi di illeciti arricchimenti. Avrebbe dovuto essere interesse di tutti rasserenare l’ambiente ed attenuare, se non abolire, la crescente e, spesso, pretestuosa conflittualità medico-paziente, stringendo un patto di una nuova alleanza terapeutica, che avesse grande rispetto dei diritti del malato ma anche della dignità professionale del medico.
Speriamo che gli applausi del 14 marzo siano sostituti dalla reale e duratura comprensione di quanto quotidianamente si faccia da parte di tutti gli operatori della sanità e siano la base di un’auspicabile ed auspicata nuova alleanza terapeutica.
Pietro Forestieri
Presidente emerito CIC