Le ragioni di tale proposta sono da ricercare nell’impossibilità di superare i contesti emergenziali per cui è stato necessario dichiararlo. A fronte dunque di una situazione ancora di difficoltà, l’idea è quello di prorogarlo fino al 31 gennaio 2021. La disposizione, è specificato nel documento contenente i suggerimenti non implicherebbe nuovi o maggiori oneri dello Stato.
Per escludere ogni effetto finanziario negativo, la Ragioneria generale dello Stato ha però previsto una riformulazione del comma 2. Il parere espresso rimanda alla necessità di inserire nel testo un riferimento al fatto che la proroga avvenga “nell’ambito delle risorse già stanziate a legislazione vigente per i relativi stati di emergenza“.
L’Italia continua a rincorrere l’emergenza coronavirus e non riesce a giocare mai d’anticipo. Neanche quando potrebbe e dovrebbe. La conferma arriva dal fatto che al 4 maggio c’erano due realtà contrastanti. La prima, quella dei dati, che confermavano che si poteva ripartire. Le misure di contenimento avevano avuto successo, l’indice R0 era calato in maniera significativa in tutte le Regioni e i tempi erano maturi per fare un passo in avanti. L’altra Italia, quella organizzativa, ancora non era pronta. E per molti aspetti non lo è tutt’oggi.
Il primo problema affrontato con colpevole ritardo è quello delle mascherine. Le speculazioni sulla vendita dei dispositivi di protezione individuale non era una novità. Anzi, era una costante dai primi giorni dell’emergenza sanitaria. Servivano controlli e prezzi calmierati. Da subito. Si è deciso di attendere e in vista del 4 maggio è arrivata la sentenza. Mascherine in farmacia al prezzo di cinquanta centesimi. In poche ore Arcuri e il governo hanno intuito che la cosa non sarebbe stata semplice né tantomeno immediata. Morale della favola, un accordo è stato trovato solo dopo l’inizio della fase 2 e al 9 maggio le famose mascherine a 50 centesimi (+ IVA) restano un oggetto mitologico che pochissimi hanno avuto la fortuna di vedere.
Un altro ritardo ingiustificabile è quello legato all’App Immuni. Nella fase 2 il tracciamento dei contatti ha una importanza essenziale. Al 9 maggio non è chiaro neanche se Immuni sia uno strumento sicuro in termini di privacy oppure no. E siamo di fronte a uno strumento che a rigor di logica doveva essere a disposizioni degli italiani dalla sera del 3 maggio. Dalla mattina del 4 al massimo. La sensazione è che nella migliore delle ipotesi l’applicazione sarà disponibile solo alla fine del mese di maggio. Nel frattempo ci affida alle mascherine, al distanziamento sociale, al senso di responsabilità, alle preghiere e ai gesti scaramantici.
Sui mezzi di trasporto non abbiamo assistito fino a questo momento a scene di panico o assembramenti eccessivi. Ma questo è legato soprattutto al fatto che molte persone hanno deciso di spostarsi con i mezzi propri piuttosto che con i mezzi pubblici, dove i controlli sono minimi. Soprattutto a bordo dei mezzi.