Coronavirus. I morti salgono a sei: Milano sembra un deserto

Sale il bilancio delle vittime da coronavirus: in tutto in Italia si contano sette morti, mentre 230 sono i contagiati. E scarseggiano i tamponi. C’è anche una buona notizia: uno dei malati è guarito. La Lombardia è la regione con il maggior numero di contagi, finora 172. Milano appare svuotata: scuole chiuse, metro e treni vuoti.

Salgono a sei i morti in Italia a causa del Coronavirus. L’annuncio arriva dal capo della Protezione civile e commissario straordinario all’emergenza, Angelo Borrelli. “Sono 229 i contagiati e 5 i deceduti, si è aggiunto da pochissimo un decesso in lombardia, un uomo di 88 anni di Caselle Landi”, ha detto. In tutti i casi si tratta di persone anziane con un quadro clinico generale compromesso in precedenza. Il deceduto a Bergamo era ricoverato da giorni all’ospedale “Papa Giovanni XXII”.

C’è una quarta vittima, la terza in Lombardia, per Coronavirus: si tratta di un uomo di 84 anni, ricoverato all’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo. Lo ha annunciato in una nota Regione Lombardia.

L’uomo deceduto per coronavirus a Bergamo era “una persona anziana con altre patologie”, ha spiegato il presidente della Lombardia Attilio Fontana intervenendo a Radio anch’io su Radio Rai 1, aggiungendo che il numero dei contagiati in regione e’ salito a 165. Il governatore ha anche criticato la decisione della Basilicata di mettere in quarantena chiunque arrivi dalla Lombardia. “Se il provvedimento si riferisce a chi arriva dalla zona rossa, lo abbiamo detto anche noi. Se si riferisce a tutta la Lombardia è sbagliato perchè vuole dire che nessuno può muoversi, sarebbe una scelta eccessiva più grave del male che stiamo cercando di combattere”.

Massimo Galli, ordinario di Malattie infettive all’ Universita’ degli Studi di Milano e primario del reparto di Malattie infettive III dell’Ospedale Sacco, ha cercato di spiegare l’escalation di contagi nel nostro Paese in un’intervista al Corriere della Sera. “In Italia ci sono cosi’ tanti casi di Covid-2019 perché da noi si e’ verificata la situazione piu’ sfortunata possibile, cioe’ l’innescarsi di un’ epidemia nel contesto di un ospedale, come accadde per la Mers a Seul nel 2015. Purtroppo, in questi casi, un ospedale si puo’ trasformare in uno spaventoso amplificatore del contagio se la malattia viene portata da un paziente per il quale non appare un rischio correlato”.

“Non sappiamo quindi ancora chi ha portato nell’ area di Codogno il coronavirus – ha spiegato il primario – pero’ il primo caso clinicamente impegnativo di Covid-19 e’ stato trattato senza le precauzioni del caso perche’ interpretato come altra patologia”. Quello che si puo’ dire di sicuro “e’ che queste infezioni sono veicolate piu’ facilmente nei locali chiusi e per contatti relativamente ravvicinati, sotto i due metri di distanza”. Rispetto all’arrivo del virus in Italia, per Galli “e’ verosimile che qualcuno, arrivato in una fase ancora di incubazione, abbia sviluppato l’infezione quando era gia’ nel nostro Paese con un quadro clinico senza sintomi o con sintomi molto lievi” e ha cosi’ “potuto infettare del tutto inconsapevolmente una serie di persone. Se l’avessimo fermato alla frontiera avremmo anche potuto non renderci conto della sua situazione”.

L’infettivologo si augura che con l’arrivo della stagione calda i casi diminuiscano ma “non ci possono essere certezze”. Rispetto alla reale letalita’ di questa infezione, “per adesso, se dobbiamo parlare in base ai dati relativi alla provincia di Hubei, in Cina, la letalita’ e’ del 3,8%” ma “la letalita’ e’ piu’ bassa se si considerano i casi fuori della Cina”. Nel parlare di un possibile vaccino, bisogna essere prudenti nelle previsioni, tuttavia “nel caso di Covid -19 l’ infezione sta interessando tutto il mondo e quindi lo sforzo della ricerca e’ molto piu’ robusto e diffuso”.

 

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