Lo spread tra Btp e Bund supera anche la soglia dei 320 punti base, a 322, con il tasso del titolo italiano a 10 anni che sfiora il 3% , al 2,98%, toccando il livello più alto da febbraio 2019 e poi arretra fino a 300 punti.
Il sistema europeo delle banche centrali, tramite la Banca d’Italia, sta intervenendo “per assicurare condizioni ordinate sul mercato”. Lo riferiscono fonti di Bankitalia, precisando che “gli interventi sono flessibili sia nel timing che nei mercati di riferimento, e continueranno finché c’è ne sarà bisogno”. L’azione chiarisce – dicono le fonti “se i mercati avessero ancora dubbi, la natura delle decisioni prese” dalla BCE.
Piazza Affari soffre a metà seduta (Ftse Mib -3%), con lo spread assestato a 300 punti. E’ durata poco la protezione assicurata dallo scudo della Consob alle vendite allo scoperto, anche se il listino milanese fa meglio degli altri in Europa. Le vendite si concentrano su Cnh (-11,3%), frenata dal blocco delle fabbriche decise ormai da tutti i Gruppi in Europa, mentre Fca (-9,4%) è di nuovo congelata al ribasso a due giorni dall’annuncio del provvedimento e dopo il calo delle immatricolazioni europee. Pochi i rialzi, limitati a Tim (+4,31%), spinta come i rivali europei dal ricorso delle aziende al telelavoro. Bene Prysmian (+1,3%), che posa cavi telefonici, Pirelli (+3,28%) e Campari (+3,97%). Sotto pressione Nexi (-10%), Mediobanca (-7,7%), Intesa (-6,59%) e Poste (-5,3%). Poco mossa Molmed (-0,75%) dopo il balzo della vigilia con l’opa di Agc, sprint di Zucchi (+32%).
Quotazioni del petrolio ancora in discesa con il greggio Wti che scende a 25 dollari al barile per la prima volta dal 2002. Il Brent scende sotto i 28 dollari e viaggia attorno ai 27,5 dollari.
La sterlina affonda e vede i minimi da oltre 30 anni nel cross con il dollaro, in un mercato che non crede nella risposta del governo di Londra all’impatto del Coronavirus. La moneta britannica ha perso l’1,9% a 1,182 dollari, il livello più basso da 1985, e rispetto all’euro scende a 92,4 pence.
Scatta dalla seduta di oggi il divieto annunciato ieri dalla Consob ad effettuare vendite allo scoperto su tutti i titoli di Piazza Affari per 3 mesi. Il provvedimento, che aveva interessato solo alcuni titoli nel corso delle sedute dello scorso 13 marzo e di ieri, riguarda tutte le cosiddette “posizioni corte”, utilizzate per guadagnare in Borsa anche quando i listini scendono, tramite la compravendita di titoli presi a prestito. A questo si aggiunge l’introduzione di un regime di “trasparenza rafforzata” per i 48 titoli a maggior capitalizzazione e ad azionariato diffuso, che prevede la comunicazione di variazioni sull’azionariato a partire dall’1% per le società più grandi e dal 3% per le Pmi, in luogo rispettivamente del 3 e del 5%. Provvedimenti contro le vendite allo scoperto sono stati adottati anche dalle Autorità finanziarie in Spagna, Francia e Belgio.
Nuova giornata difficile per i listini di Asia e Pacifico, ancora una volta legata agli effetti della diffusione del coronavirus. I listini orientali hanno scontato il calo delle esportazioni dalla Cina al Giappone, che in febbraio si sono dimezzate, bloccando di fatto le attività manifatturiere. Tokyo ha ceduto l’1,68%, Shanghai l’1,83% e Taiwan il 2,34%. Più pesanti Seul (-4,86%) e Sidney (-6,43%), legata al prezzo delle materie prime, che a parte l’oro e il minerale di fatto hanno segnato nuovamente il passo. Sotto pressione anche Hong Kong (-3,61%) e Mumbai (-3,94%), ancora aperte. Negativi i futures sull’Europa e su Wall Street, in attesa della bilancia commerciale italiana e dell’Ue e dei dati sulle nuove costruzioni di case negli Usa.