Coronavirus tra governo e bambini

Fossero confermate tutte le notizie emerse fino a questo momento sulla fase dell’emergenza coronavirus, il quadro non sarebbe propriamente idilliaco soprattutto per le famiglie con figli. Sommiamo le indicazioni arrivate da voci istituzionali e tracciamo il quadro. Le aziende riapriranno. Non tutte insieme, forse a zone sicuramente in maniera graduale. Ma riapriranno. Le persone con più di 75 anni di età con ogni probabilità dovranno continuare ad osservare norme restrittive o comunque limitazioni alla mobilità. Parliamo, numeri alla mano, della fascia più a rischio. Chiudono il quadro le recenti dichiarazioni della ministra Azzolina che ha fatto sapere che difficilmente le scuole riapriranno entro la fine dell’anno scolastico. E i bambini con chi stanno? Con chi staranno i bambini nella fase 2 del coronavirus? Il problema è evidentemente delle famiglie con due genitori che lavorano e i bambini piccoli che non possono tornare a scuola. Se hanno anche la sfortuna di avere nonni over 75 non hanno molte opzioni a disposizione: congedo parentale o baby sitter, nella speranza che il governo intervenga in maniera consistente per limitare i danni sul bilancio economico del nucleo familiare. Ma il problema rischia di ripresentarsi a settembre. Se davvero la scuola dovesse cambiare le carte in tavola con la didattica flessibile o dovesse organizzare la giornata scolastica a turni, chi guarderà i bambini? Ci saranno variazioni anche nella giornata lavorativa dei genitori senza ripercussioni sulla busta paga?

La sensazione è che si procederà con lo smart working (laddove possibile), congedi parentali e bonus baby sitter, che alla lunga potrebbero dare risultati decisamente inferiori alle aspettative. Se il bonus baby sitter dovesse essere quello varato a marzo sarebbe inutile. Seicento euro per sessanta ore. Che non coprono decisamente il mese lavorativo. Per quanto riguarda i congedi parentali la situazione è ancora più spinosa. Quindici giorni con paga dimezzata. Restano scoperti altri quindici giorni e resta per strada una parte consistente dello stipendio. Non per scelta o colpa del lavoratore-genitore.

Pur facendo uno sforzo di memoria, non emergono discorsi e riflessioni sul dramma dei bambini, che sono tra quelli che più soffrono della situazione. Gli adolescenti hanno bisogno di socializzare, i bambini più piccoli hanno la necessità di correre, camminare, vedere la luce del sole. La sensazione che trapela è che i bambini siano un problema dei genitori. Uno dei messaggi peggiori che possa passare. I provvedimenti per agevolare i genitori sono stati messi in campo, ma forse ci si aspettava qualcosa in più dal punto di vista umano.

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