La retorica della verità.
Quando tutti si dicono d’accordo sul dire la verità, allora la menzogna ha ancora un lungo futuro davanti a sé. Esiste in realtà un modo per essere dalla parte della verità, specialmente in politica: essere disposti a fare autocritica. Ma in Italia questa è una pratica poco o per niente esercitata. I politici hanno la pessima abitudine di non riconoscere pubblicamente, anche a distanza di anni, di aver commesso un errore, di non aver capito, di aver detto delle sciocchezze. E sta proprio in questa mancanza di autocritica la longevità illimitata delle carriere pubbliche italiane. In tema di mancanza di autocritica c’è solo l’imbarazzo della scelta. Si comincia dalla grande corporazione dei magistrati, i quali infischiandosene della necessità del Paese, non ammetteranno mai di esercitare un asfissiante e paralizzante potere di interdizione e di ricatto nei confronti di qualunque schieramento politico tenti di por mano ad una riforma dell’ordinamento giudiziario e della giustizia in generale. Si sa che loro tentano di conservare il loro status quo, con tutti i privilegi economici e funzionali, abusivamente fatti passare come un interesse generale del Paese a cui non si deve in alcun modo rinunciare. Basta ricordare la levata di scudi da parte dell’ANM allorché Renzi nell’ambito del disegno di legge sulla pubblica amministrazione, ha osato porre un tetto massimo agli stipendi delle alte cariche della magistratura e nel contempo ne ha anticipato la pensione a 70 anni al posto dei 75 attuali.Dopo i magistrati si può proseguire con la classe politica locale, soprattutto quella dei consiglieri regionali. In cinquant’anni mai sentito nessuno di questi signori fare autocritica sul mal funzionamento ,gli sprechi di denaro pubblico e dei disastri compiuti sui loro territori di appartenenza, in materia ambientale ed urbanistica, per non parlare dei recenti scandali venuti alla luce in cui si è visto veramente toccare il fondo. La ragione che spinse il Costituente alla formazione delle regioni a Statuto Speciale, è diventata l’occasione per l’accumulo di ricchezze per pochi ai danni delle popolazioni locali. La Sicilia e la Sardegna ne sono l’esempio più emblematico.Il fatto è che in Italia sembra che la verità la debbano dire sempre gli altri, così come gli errori e i privilegi sono sempre degli altri. Lo stesso dicasi per la corporazione degli imprenditori. La Confindustria nel corso degli anni non ha fatto altro che far finta di ammonire la classe politica di morigerare il proprio comportamento, ma quando c’era da spartirsi la torta dei finanziamenti pubblici sistematicamente hanno fatto finta di non vedere e non sentire. Hanno sempre atteso”l’elemosina ai danni di Pantalone”, non hanno mai investito i loro capitali per aumentare la capacità produttiva delle proprie aziende e contestualmente aumentare l’occupazione, se non in caso di finanziamento che provenivano dallo Stato. Ma hanno pensato di investire nelle rendite finanziarie e nei monopoli che certo non hanno avuto ricadute positive in termini di produttività e di occupazione. La conclusione è che l’omaggio alla verità non può che accompagnarsi all’autocritica e coloro che non hanno il coraggio di farla dovrebbero farsi da parte.