Corso di laurea in Medicina e abbattimento degli immatricolati

Abbattere a 6.500-7.000 gli accessi ai corsi di laurea in Medicina, un numero ritenuto adeguato a soddisfare il turnover dei medici senza creare sacche di disoccupazione e sottoccupazione. È questa, in sintesi, la proposta della Fnomceo, la Federazione degli ordini dei medici e degli odontoiatri, che ha riunito a uno stesso tavolo rappresentanti della professione e delle Istituzioni per riflettere sulla formazione medica all’insegna della parola d’ordine “Tutti insieme per voltare pagina”. Questo tavolo, al quale siamo seduti tutti insieme, medici, ministero, università, deve essere il punto di partenza di un percorso comune, ha detto la presidente della Fnomceo, Roberta Chersevani. Non ci nascondiamo che le difficoltà di contesto sono tante, dalla situazione economica allo lo scenario istituzionale. Ma il rinnovamento deve partire da qui, da questo clima di collaborazione e di buona volontà. Se non si corre ai ripari nei prossimi dieci anni saranno 25 mila i medici che non avranno alcuna possibilità di sbocchi occupazionali nel Servizio sanitario nazionale. Ogni anno sono circa 10 mila gli immatricolati ai corsi di laurea in Medicina; ma questo solo secondo il numero programmato, perché nell’ultimo lustro altri 9 mila posti sono stati resi disponibili a seguito dei ricorsi presentati dagli esclusi. Di questi 10 mila, l’85% arriva alla laurea, cioè 8.500 medici l’anno, a fronte di 6.000-6.500 posti nelle Scuole di specializzazione e nel Corso di formazione in Medicina generale. Secondo la Fnomceo, insomma, il conto è presto fatto, con un esubero annuale di 2.000-2.500 medici destinato a crescere esponenzialmente. Non a caso sono sempre di più i giovani medici che richiedono il “good standing”, cioè il certificato necessario per esercitare la professione all’estero, e circa mille ogni anno se ne vanno dall’Italia, portando altrove i frutti dell’investimento che il nostro Paese ha fatto nella loro formazione. Da qui la proposta di Fnomceo di limitare il numero degli accessi in attesa di una revisione dei criteri di programmazione dei professionisti da formare sulla base delle esigenze di salute della popolazione. D’altra parte dobbiamo cominciare a fare i conti con l’Europa, ha detto Andrea Lenzi, presidente del Consiglio universitario nazionale (Cun) e coordinatore della Conferenza dei presidi dei corsi di laurea in medicina, perciò è fondamentale fare una sorta di programmazione e ripartizione a livello continentale dei fabbisogni e degli accessi ai corsi di laurea. Argomento al quale, peraltro, sta già lavorando il ministero della Salute, ha precisato Rosanna Ugenti, direttore generale delle professioni sanitarie, precisando che lo stesso ministero sta lavorando a un nuovo strumento per calcolare il fabbisogno di medici e personale sanitario su scala europea. Dal canto suo, il presidente della Commissione odontoiatri (Cao) della Fnomceo, Giuseppe Renzo, si è scagliato contro i previsti tagli orizzontali, secondo il suo parere attuati in mancanza delle visite di controllo dell’Anvur, l’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca, per certificare le capacità formative dei diversi corsi di laurea: «In questo modo saranno penalizzati i corsi di laurea virtuosi, che saranno assimilati a quelli meno qualificati, che non formano adeguatamente i propri studenti.

 

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